Translation Physics and Geometry into Fencing


 

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Stefano Gardenti

 

 

Elementi

 

di Geometria e di Fisica

 

nell’applicazione della

 

 teoria schermistica

 

indice

Presentazione. 3

Geometria. 5

Fisica. 6

Premessa. 8

L’arma. 8

Le armi omologate. 12

Modo d’impugnare l’arma. 17

Stretta in tempo. 20

Posture. 20

Pugno armato. 21

La prima posizione. 22

L’arma in linea per il saluto. 23

Il saluto. 24

L’equilibrio. 25

La guardia. 26

Guardia di sciabola. 31

Guardia di spada. 31

La linea direttrice. 32

L’arma in linea di offesa. 34

L’affondo. 35

La frecciata. 40

Spostamento sulla pedana. 41

Attacco in contropiede. 42

La misura. 43

I siti tecnici attorno al corpo. 47

I bersagli 49

Le traiettorie della punta e della lama. 52

Le linee di offesa. 55

L’opposizione di pugno. 56

Tipi di colpo. 57

Gli atteggiamenti con l’arma. 59

L’invito. 59

Il legamento. 61

Arma in linea. 63

Arma in linea di guardia. 64

Terreno di gara. 65

L’offesa. 68

Azioni di offesa semplici 69

Il colpo dritto. 70

La cavazione. 70

Battuta e colpo. 72

Il filo. 74

La difesa. 75

La difesa di misura. 76

Le parate. 76

La risposta. 80

Le uscite in tempo. 81

Colpo d’arresto. 82

Lo svincolo in tempo. 83

Inquartata e passata sotto. 84

La contrazione. 84

Le azioni composte. 85

Il controtempo. 87

Finta in tempo. 88

Le azioni ausiliarie. 89

Tirare di quarta bassa. 89

Battuta di quarta falsa. 90

Filo sottomesso. 91

Sforzo e colpo dritto. 91

Il disarmo. 92

La ripigliata. 92

Esame di alcune particolari situazioni geometrico – posturali 93

L’affondo prodotto da uno dei due contendenti 93

Riunita. 95

Angolazione. 95

Arresto di angolazione arretrando. 96

Combattimento ravvicinato. 97

Confronto tra schermitori di mano diversa. 98

Formule di azioni 100

 

Conclusioni 159

 

 

Dedicato a mia madre Mara e a mia

moglie Elena, entrambe docenti di

Matematica e Scienze

 

Presentazione
Sovente accade che le cose apprese sui banchi di scuola, in specie nei licei, restino purtroppo relegate in una dimensione puramente speculativa.

Eppure molte materie, come ad esempio le Scienze Matematiche e quelle Fisiche, hanno una derivazione prettamente pragmatica, che affonda e trova nella realtà di tutti i giorni la loro ragion d’essere.

Questo è indubbio un grosso difetto del retaggio della cultura italiana in genere: separare cioè con una grossa cesura i concetti teorici dalla loro applicazione pratica.

Ed è vero anche il contrario, cioè che esecuzioni materiali non vengano quasi mai ricollegate ad astratti principi teorici generali.

La piena conoscenza, che dovrebbe costituire il fine ultimo di ogni insegnamento, si raggiunge, a mio parere, solo facendo partecipe e consapevole il discepolo di queste due dimensioni: la realtà e l’astrazione.

La Scherma, con la sua componente eminentemente pragmatica, viene inizialmente sempre illustrata e fatta svolgere nella sua esecuzione pratica: in effetti i primi contatti con la nostra disciplina avvengono oggi, in genere, a sei – sette anni, quando i neofiti non hanno ancora sviluppato capacità idonee all’astrazione e non possiedono quindi un’adeguata predisposizione e cultura e in merito.

Nel prosieguo della carriera sportiva, sempre più spesso alla rincorsa affannosa dell’affermazione agonistica, si preferisce concentrarsi sulla qualità esecutiva dei gesti tecnici e del loro inserimento nella dinamica dell’assalto.

Il più delle volte si omette quindi di ritornare sulle primitive conoscenze, che si danno ormai per acquisite, per poterle rivisitare con ottica prettamente speculativa e poterle catalogare ed introiettare con maggiore consapevolezza culturale.

Come sopra ho già accennato, credo che un buon insegnante, nella disciplina schermistica ed altrove, non possa non tener conto della significativa portata dei sinergismi evolutivi che può produrre nel discepolo questo modo di procedere.

Tra l’altro, a mio parere questo procedere è un atto dovuto: lo schermitore, come del resto qualsiasi discepolo in qualsiasi materia, è da considerare come persona globale e non come una sua parte delimitata: tutto ciò che l’uomo apprende, anche se settoriale e specifico, entra a far parte del suo patrimonio personale, patrimonio dal quale potrà attingere per meglio muoversi nella multiforme realtà del mondo.

Il pericolo, sempre all’agguato per chi ha il privilegio di poter trasmettere la conoscenza, è quello di creare degli sterili cloni, inutili ossequianti della personale visione dell’insegnante.

In tale ottica, promuovere connessioni, relazioni, astrazioni, generalizzazioni, catalogazioni e quant’altro possa suscitare la partecipazione dell’allievo dovrebbe essere il fine escatologico di ogni insegnamento meritevole di tale nome.

Tra l’altro un interesse per una qualsiasi cosa non può sfociare in una vera e genuina passione se non attraverso un progressivo approfondimento culturale della cosa stessa: i legami quali una smodata pulsione agonistica e magari un derivato interesse economico sono troppo flebili per portare ad amare durevolmente di per se stessa una data disciplina.

Ecco l’esigenza che ho avvertito dopo tanti anni di professione e che mi ha indotto a fare ricerche e studi sui collegamenti scientifici di ciò che vado insegnando.

Tra l’altro nel mondo della nostra disciplina c’è sempre stata un’aspra diatriba: la Scherma è un’arte o una scienza?

Personalmente supero volentieri questa sterile divisione manichea, riconoscendo all’atleta che combatte sulla pedana due anime, compresenti e complementari: quella razionalista, che soprassiede alla costruzione logica del sistema-schermitore e della ricerca della contraria, e quella artistica, che invece caratterizza e rende irripetibile ogni personale stile di scherma.

Ebbene questa mia nuova fatica letteraria si propone d’incentrare l’attenzione sull’aspetto scientifico della teoria e della tecnica schermistica: cercheremo di collegare il maggior numero di situazioni, posture, movimenti ed azioni ai noti principi ed alle leggi, della Geometria e della Fisica.

Il fine composito che mi ripropongo è quello già accennato nelle righe precedenti: suscitare curiosità, promuovere una conoscenza più consapevole, cercare di migliorare la prestazione sportiva e, soprattutto, appassionare alla nostra disciplina.

Con questa mia nuova fatica continua dunque il mio sforzo per offrire al paziente lettore una visione a tutto tondo del mondo – scherma, visione alla quale sono giunto dopo ormai un cinquantennio di fedele ed appassionata militanza.

I temi toccati dai miei precedenti lavori sono: l’insegnamento alle giovanissime leve (La scherma a sette anni), l’insegnamento a chi si accosta alla nostra disciplina in età matura (La scherma dei veteres), la propaganda (La divulgazione della scherma tramite manifestazioni e corsi scolastici), la conoscenza tramite i quesiti-gioco (Scherma quiz),    la cultura generale (L’enciclopedia della scherma), uno spaccato storico degli anni ’60 -’70 (La scherma ai miei tempi), una forma alternativa di trattato tecnico (Dialoghi sopra la tecnica schermistica), supporti didattici ad alcune miei docenze (Appunti di scherma e Dispense per l’esame di istruttore regionale), materiale didattico per le sale e le scuole (Corso per Armigero e Corso per Alfiere), materiale tecnico per il ripasso dopo la pausa estiva (Canovaccio dei fondamentali della scherma), lo studio su aspetti tecnici specifici (L’errore, le opportunità e le controindicazioni nell’applicazione della tecnica schermistica), lo studio di elementi tecnici specifici (Lo spazio ed il tempo nell’assalto di scherma), la sintesi dello scibile (Minicorso di fioretto, Minicorso di sciabola e Minicorso di spada).

Le tessere mancanti alla composizione dell’intero mosaico sono ancora: la tattica, il gioco, la logica, le concomitanze e le specificità delle tre armi, la scherma come metafora della vita, la mia esperienza agonista, il quadro riassuntivo di tutti gli scritti.

Quod scripsi, scripsi, il resto è ancora nella mia mente ed il futuro nelle mani di Dio.

 

M° Stefano Gardenti

a  Firenze nel maggio del 2010

 

 

Geometria
Com’è noto la Geometria (etimologicamente misurazione della terra) è quella parte della scienza matematica che ha per oggetto lo studio delle entità spaziali e del loro reciproco rapporto.

Tutto è geometria, soleva ripetere la speculazione classica greca: il mondo è un intricato intersecarsi di linee (reali o ipotetiche), che, con diversa angolazione, creano figure dalle proprietà più o meno peculiari e costanti.

Euclide, il fondatore della geometria intesa come entità tridimensionale, ha ideato partendo dai suoi famosi cinque postulati questa struttura che fornisce da millenni il modello per l’ambiente nel quale si colloca la nostra vita quotidiana.

Lo studio e la fruizione di tale materia ha contribuito in modo fondamentale all’evoluzione dell’uomo, che, attraverso la sua utilizzazione sia in sede di apprendimento teorico, sia di applicazione pratica, ne ha tratto grandissimi vantaggi a tutto campo.

Tuttavia, come abbiamo già accennato nell’introduzione, spesso a causa dell’abitudine il più delle volte viene a mancare la consapevolezza della geometria, che, pur essendo appunto onnipresente, viene immeritatamente trascurata come astratta cognizione della realtà.

In una materia molto tecnica come la scienza schermistica veramente tutto è geometria: dalla meticolosa precisione con cui i trattati descrivono le coordinate delle varie posture (guardia, affondo…), ai percorsi spaziali per eludere (le finte) o, di contro, per intercettare il ferro dell’avversario (le parate), alla distanza tra i due contendenti (la misura), alle traiettorie dei colpi finali (linee d’attacco), alle superfici da raggiungere per guadagnarsi la stoccata (bersagli, validi o non validi), alla configurazione del terreno di gara (la pedana) e così via.

La teoria schermistica è ridondante di linee rette, segmenti, archi di cerchio, spirali, angoli di varia gradazione, superfici, intersecazioni di piani, coni ideali, proiezioni, siti spaziali, distanze.

Ovviamente non si percepiscono visivamente, essendo solo entità astratte; tuttavia dovrebbero rappresentare il principale sistema di riferimento per lo schermitore impegnato sulla pedana, prima ad apprendere lo scibile e poi ad applicarlo nella realtà del confronto con l’avversario.

La matematica, come si suol dire, non è un’opinione: una linea d’attacco ha sempre una traiettoria ideale per giungere a bersaglio e più si diverge da essa più l’azione si dilunga, favorendo quindi in modo inequivocabile la difesa dell’avversario; oppure un colpo può essere indirizzato su un bersaglio con un angolo d’incidenza sbagliato ed insufficiente per creare quell’ancoraggio necessario per esercitare la minima pressione regolamentare della punta ai fini della segnalazione della stoccata; l’esecuzione di una parata, pur idonea a deviare il colpo dell’avversario, può essere esagerata spazialmente in modo tale da inficiare la dovuta risposta di rimando sull’attaccante; una finta può essere effettuata a braccio non completamente disteso, sottraendo quindi veridicità all’azione; o una cavazione troppo ampia si può attardare inutilmente circumnavigando la lama avversaria .

In effetti la gran parte del lavoro tecnico di allenamento dello schermitore consiste appunto nella registrazione ottimale dei suoi movimenti con l’arma, sia nel vuoto, sia in rapporto all’attività di quella dell’avversario.

Inoltre fondamentale risulta anche la coordinazione motoria, che deve combinare felicemente le attività strettamente tecniche del braccio armato con quelle relative allo spostamento sulla pedana e al raggiungimento del bersaglio antagonista.

In questo riemerge prepotentemente ancora la matematica, che, come diceva Pitagora, è anche musica ed armonia: in effetti anticipare, ritardare o eseguire più movimenti in concomitanza l’uno con l’altro consiste essenzialmente nel riuscire a scandire motoriamente con precisione una successione determinata di quantità temporali variabili.

Sotto questo punto di vista, associando naturalmente anche aspetti di equilibrio fisico e di composizione di forze, l’attività dello schermitore impegnato sulla pedana si accosta notevolmente a quella di un danzatore.

 

 

Fisica
La Fisica invece è la scienza della Natura nel senso più ampio: infatti il suo scopo è lo studio di tutti gli eventi che possono essere descritti tramite grandezze fisiche, al fine di stabilire le leggi che regolano l’interazione tra le grandezze stesse e rendano conto delle loro reciproche variazioni.

Parimenti alla Geometria, essa viene quasi rimossa dalla vita di tutti i giorni e comunemente relegata agli ardui problemi affrontati nei laboratori specialistici dagli addetti ai lavori, trascurandone di conseguenza inopinatamente la portata universale e ricorrente.

Eppure il portare semplicemente alla bocca un bicchiere d’acqua per dissetarsi, indossare e portare uno zaino, il il correre o semplicemente il camminare sono delle operazioni che implicano la contemporanea applicazione di numerose leggi fisiche, come anche il giocare in un giardino o andare in bicicletta.

Anche in questo caso la quotidianità e la consuetudine di azioni e gesti, oltre naturalmente ad una buona dose di non conoscenza, impedisce di capire e collegare a leggi e principi le nostre numerose e diverse attività nel mondo reale e materiale.

Pensiamo, nella nostra fattispecie, a quante cose deve realizzare sotto il profilo della Fisica uno schermitore in pedana: stare in equilibrio (la guardia), riuscire a mutare repentinamente postura (in occasione dell’allungo e della frecciata), spostarsi velocemente in avanti o all’indietro (passi e balzi), abbassarsi (passata sotto), scartare lateralmente (inquartata), gestire con un proprio arto un attrezzo (l’arma), curare accuratamente il rapporto che tale attrezzo instaura con il pari attrezzo dell’avversario (legamenti, fili, battute, svincoli, finte).

Perdipiù tutte queste attività devono essere svolte in regime concorrenziale con l’avversario: chi prima e meglio esegue, adattandosi alla mutevole e composita situazione di pedana, sicuramente crea un felice presupposto per riuscire a prevaricare l’antagonista.

In effetti in equilibrio precario si svolgono peggio certe attività, sia in relazione alla loro qualità esecutiva, sia in relazione ai tempi minimi per la loro realizzazione: ad esempio uno spostamento eseguito partendo da un errata distribuzione del peso corporeo sugli arti inferiori risulta più lento e faticoso; una postura del tronco sbilanciata in avanti nella postura di guardia va progressivamente ad inficiare il portamento e la maneggevolezza dell’arma; un disallineamento dei piedi dalla linea direttrice produce un equilibrio precario sia nella deambulazione che nella produzione dell’allungo.

Quindi parte essenziale dell’allenamento tecnico dello schermitore deve consistere nel ricercare ed affinare la migliore gestione degli equilibri fisici, sia dell’intero corpo, sia delle sue singole parti, curando l’interazione che queste ultime generano reciprocamente: la capacità di spostamento per gestire la misura, la velocità per eseguire l’attacco e la reattività esecutiva per realizzare prontamente la difesa poggiano le loro basi su un idoneo equilibrio fisico.

Inoltre, sempre da un punto di vista strettamente di leggi della Fisica, l’addestramento tecnico deve anche curare in modo specifico il potenziale rapporto che si può instaurare tra le due lame: in specie nelle cosiddette azioni sul ferro, cioè la battuta ed il legamento, ma anche in tutte le altre occasioni di contatto, come l’angolo al polso, la contrazione, lo sforzo, il disarmo.

 

Premessa

Richiamati in breve alcuni concetti, è mia intenzione rivisitare la tecnica schermistica in un’ottica che tenga in dovuto conto l’approfondimento della materia sia da un punto di vista geometrico, sia da punto di vista di applicazione delle leggi fisiche.

Per cui, apriamo un ideale trattato e, seguendo il classico schema espositivo della teoria schermistica, affrontiamo tutti quegli argomenti che possono interessare la nostra indagine.

Comunque subito una doverosa ed importante precisazione: il lavoro che segue non è e non vuole certamente essere un qualcosa di assimilabile ad un trattato di scherma.

In questa ottica esso non è infatti né sistematico, né tanto meno esaustivo della materia schermistica: come già dichiarato, saranno toccati solo quei punti che offrono spunto per considerazioni di carattere specificatamente scientifico.

Il suo scopo dichiarato è solo quello di essere complementare ai trattati esistenti, nel senso di andare a colmare alcune lacune e di sviluppare più in profondità quelle problematiche da essi solo fugacemente accennate per motivi di economia espositiva.

D’altra parte l’impalcatura logico – applicativa della Geometria e delle leggi della Fisica rivestono nella nostra disciplina troppa importanza per non meritare questo nostro modesto tentativo di approfondimento culturale.

 

L’arma
Ogni buon trattato che si rispetti esordisce con la descrizione dell’arma cui si riferisce.

Vengono indicate e denominate tutte le parti che la compongono e, più o meno minuziosamente, tutte le caratteristiche che esse devono presentare per rispettare le disposizioni vigenti del Regolamento Internazionale sul materiale.

Tuttavia, in esordio, prima di passare all’illustrazione delle singole armi, ci preme incentrare l’attenzione sulla natura del tipo di attrezzo che impugna lo schermitore: in effetti         un fioretto, una sciabola o una spada rappresentano potenzialmente una leva.

Perché potenzialmente? Perché, se l’attrezzo-arma non entra in contatto con quello corrispettivo dell’avversario, non può espletare le sue funzioni di leva ed è utilizzabile quindi solo come semplice segmento geometrico dalle precipue caratteristiche di arma, che consistono quindi nell’avere alla sommità una punta ed eventualmente un taglio laterale.

Quando invece la lama interagisce con quello antagonista, il braccio armato rappresenta e funge da leva.

Ma specifichiamo subito cosa è una leva in Fisica: essa è definita come una macchina semplice che trasforma il movimento.

E da questo punto di vista una macchina semplice rappresenta la tecnologia più antica per potenziare la forza muscolare attraverso il principio fisico del vantaggio o guadagno.

La leva è in pratica composta da due bracci solidali tra loro: essi, incernierati per un’estremità a un fulcro che rappresenta il punto di appoggio della leva, ruotano nello stesso angolo.

I bracci di una leva sono anche indicati con i termini di braccio-potenza (bP) e braccio-resistenza (bR): il primo è il braccio al quale bisogna applicare una forza per equilibrare la forza resistente applicata all’altro braccio.

Per avere una condizione di equilibrio in una leva la somma dei momenti delle forze ad esse applicate deve essere uguale a zero.

Quindi il vantaggio meccanico si ottiene quando dalla posizione di equilibrio, imprimendo all’estremità del braccio lungo della leva un movimento con una determinata forza, l’estremità del suo braccio corto si muoverà con una forza moltiplicata e, viceversa, se l’azione viene invece compiuta sul braccio corto.

Quindi il rapporto tra le dimensioni dei bracci determina anche il rapporto tra forza resistente e forza da applicare.

In base alla posizione reciproca del fulcro e delle forze le leve si distinguono in:

leve di primo genere: il fulcro si trova tra le due forze; possono essere vantaggiose, svantaggiose o indifferenti;

 

Leva Fulcro Forza resistente Forza applicata Tipo
Forbici Cerniera Oggetto da tagliare Impugnatura I
Carrucola fissa Asse centrale Oggetto da sollevare Forza fisica I
Remo Pala immersa in acqua Peso della barca applicato allo scalmo Manico II
Carriola Asse della ruota Peso da trasportare Manici II
Schiaccianoci Perno Noce Mano II
Braccio umano Gomito Oggetto sorretto dalla mano Muscoli del braccio III
Prendi ghiaccio Perno Cubetto di ghiaccio Mano III

 

Ma torniamo ora alla nostra disciplina.

Per tutto ciò che precede, nell’istante in cui uno schermitore mette in contatto il proprio ferro con quello dell’avversario deve prestare la massima attenzione perché, in funzione di dove esso sarà posizionato rispetto all’altro, configurerà secondo le leggi della fisica una leva per lui vantaggiosa o svantaggiosa o, terza ed ultima eventualità, indifferente.

Eccoci finalmente giunti al concetto espresso tout-court nella maggior parte dei trattati di scherma: la lama dello schermitore è divisa in tre parti ideali, quella cosiddetta forte, quella media e quella debole.

 

gradi-lama

 

Una prima credenza da sfatare è che le addotte virtù fisiche di cui stiano disquisendo risiedano esclusivamente nella porzione della lama: in effetti è l’intero braccio armato che recita il ruolo di leva.

L’arma in condizioni ottimali d’uso, cioè rispettando i dovuti rapporti di postura con quella dell’avversario, configura una leva di terzo genere.

 

 

leva

 

In effetti il suo braccio di potenza è rappresentato da quel segmento compreso tra l’estremità inferiore della lama dove entra nella coccia dalla parte della guardia e l’ultimo terzo del manico, nel punto in cui si appoggiano le ultime due dita, l’anulare ed il mignolo.

Il braccio di resistenza è costituito da tutta la lunghezza dell’arma, cioè dalla sua punta all’ultimo terzo di manico indicato appena sopra.

Il fulcro infine ha sede in quella specifica parte di manico dove si appoggiano l’anulare ed il mignolo.

Il punto di applicazione della potenza si trova alla base esterna della coccia.

Applicando quanto detto poco sopra circa i principi della leva, si ha che la porzione di lunghezza della guardia, rappresentante il braccio di potenza, moltiplicata per la potenza, deve essere uguale alla lunghezza di tutta l’arma, che costituisce il braccio di resistenza, moltiplicata per la forza opposta dall’avversario (resistenza che varia col variare della forza di contrasto esercitata dall’arma avversaria).

Poiché le due armi (braccio di potenza e braccio di resistenza) hanno le guardie di uguale lunghezza e la potenza di un individuo si può ritenere espressa da un valore medio poco oscillante, il fattore variabile è costituito dalla resistenza opposta dall’avversario, ovvero dal suo ferro.

Laonde per cui, per avere un vantaggio di natura fisica, lo schermitore deve far entrare in contatto la parte della propria lama più vicina alla propria coccia con la parte della lama avversaria più lontana dalla rispettiva coccia.

 

 

Le armi omologate
Ogni arma deve essere omologata, cioè ossequiare particolareggiatissime misure previste dal Regolamento Internazionale del Materiale: ciò naturalmente per mettere in condizioni paritarie gli antagonisti circa gli attrezzi da utilizzare in pedana.

Di solito i trattati, anche quelli più pignoli, danno solo delle informazioni sommarie circa queste caratteristiche, presupponendo che un grado di approfondimento superiore interessi soltanto ai presidenti di giuria o addirittura solo ai tecnici delle armi.

Per ossequiare lo spirito particolare di questo lavoro, riporto qui di seguito un maggior numero d’informazioni (vigenti alla data di stesura), per consentire allo schermitore di avere una conoscenza più particolareggiata sull’attrezzo che impugna.

 

Caratteristiche comuni a tutte le armi

 

Capitolo 1 “ L’armamento”

B) Dimensioni

(Ciascuna arma ha forma e misure specifiche):

2. La lunghezza totale dell’arma e quella delle sue differenti parti corrisponde alle distanze che separano piani paralleli tra loro e perpendicolari all’asse della lama; tali piani sono posti:

a)    all’estremità anteriore dell’arma

b)    al punto ove la lama esce dalla superficie anteriore e convessa della coccia

c)    alla parte posteriore della suddetta coccia

d)    tra il manico ed il pomolo

e)    all’estremità posteriore dell’impugnatura

3. La lunghezza totale dell’arma è la distanza tra i piani a) ed e); la lunghezza della lama, quelle tra a) e b); la lunghezza dell’impugnatura quella tra b) ed e); la profondità della coccia quella tra b) e c)

4. La lunghezza massima totale dell’arma è inferiore alle massime lunghezze permesse della lama e dell’impugnatura insieme; queste due ultime lunghezze devono, in conseguenza, compensarsi per formare la lunghezza totale dell’arma

5. Per misurare, sia la lunghezza totale dell’arma, sia quella della lama, occorre che quest’ultima non presenti curvature; pertanto, nel misurarla, sarà mantenuta dritta su una superficie piana

6. Tra i piani d) ed e) non possono trovarsi che il pomolo o il dado di fissaggio

C) L’impugnatura

1)    Al fioretto ed alla spada, la lunghezza massima dell’impugnatura è di 20 cm. Tra i piani b) ed e) e di 18 cm. tra i piani b) e d). Alla sciabola, la lunghezza massima dell’impugnatura è di 17 cm.

2)    L’impugnatura deve passare per la sagoma (gabarit = è uno strumento di controllo) dove passa la coccia.

D) La coccia

1)    La parte convessa della coccia, a superficie liscia e poco brillante, ha una forma tale da non poter arrestare né trattenere la punta dell’arma avversaria. I bordi non possono essere in rilievo.

 

Fioretto

b)  Lunghezza  m.7 lunghezza: totale massima di 110 cm. (deroga per la categoria….

c)    Lama m.8 : la lama è montata con il lato più largo della sezione piazzato orizzontalmente.

La lunghezza massima della lama è di 90 cm.

 

fioretto-regolamento

 

d) Coccia: m.9 deve poter passare integralmente attraverso un tubo cilindrico dritto di 12      cm. di diametro per 15 cm. di lunghezza (gabarit), la lama essendo parallela all’asse del cilindro.

L’eccentricità è proibita, cioè la lama deve passare per il centro della coccia.

Il diametro della coccia deve essere compreso tra cm. 9,5 e cm. 12

 

fioretto-regolamento-coccia

 

 

f) Punta d’arresto: m.11

1) Il diametro della corona della punta d’arresto è compreso tra 5,5 e 7 mm.; il diametro del corpo del bottone, ivi compreso l’isolamento all’esterno non può essere inferiore a quello della punta d’arresto di più di 0,3 mm.

2) La punta d’arresto è cilindrica. La sua testata è piatta e perpendicolare al suo asse. Il bordo deve essere sia arrotondato con un raggio di 0,5 mm., oppure deve essere smussato a 45° per 0,5 mm.

 

Spada

b)    Lunghezza m.15: la lunghezza totale massima della spada è di cm.110

c)    Lama m.16: è montata con la svasatura maggiore verso l’alto.

La lunghezza massima della lama è di cm.90.

La larghezza massima di una qualunque delle tre facce è di mm.24.

 

spada-regololamento

 

  1. Coccia m.17: La coccia, il cui bordo deve essere circolare, deve passare attraverso un cilindro del diametro di 15 cm. di lunghezza (gabarit), la lama essendo parallela all’asse del cilindro.

La profondità della coccia – distanza tra i piani b) e c) – è compresa tra 3 e 5,5 cm.

La lunghezza totale fra i piani a) e c) non può superare cm.95,5.

L’eccentricità (distanza tra il centro della coccia e il punto in cui la lama vi passa dentro) è ammessa se non supera i 3,5 cm.

 

spada-regolamento-coccia

 

f)   Punta d’arresto e bottone m.19: il bottone elettrico termina con una punta d’arresto

che deve rispondere alle condizioni seguenti:

La punta d’arresto è cilindrica. La sua superficie anteriore è piatta e perpendicolare all’asse.

Al bordo presenterà sia un arrotondamento di 0,5 mm. Di raggio, sia una smussatura a 45° di o,5 mm.

Il diametro della corona della punta d’arresto è di 8 mm. Con la tolleranza di +o,0,05 mm.

Il diametro della base non può essere inferiore a 7,7 mm.

Il collaretto che guida la punta d’arresto, così come ogni placca isolante deve essere sufficientemente rientrante in rapporto alla corona (si raccomanda da 0,3 a 0,5 mm. Di diametro) così che non sia possibile provocare un segnale facendo scorrere sotto pressione la punta d’arresto contro la superficie convessa della coccia.

 

Sciabola

a)    Lunghezza m.21: la lunghezza massima totale della sciabola è di 105 cm.

b)    Lama m.23: la lama ha una lunghezza massima di 88 cm; la larghezza minima della

lama deve trovarsi nella prossimità del bottone. Essa dev’essere di 4 mm; il suo     spessore, ugualmente nelle vicinanze del bottone, deve essere al minimo di 1,2 mm.

La sua estremità è ripiegata su se stessa per formare un bottone che, visto dall’alto, deve presentare una sezione quadrata o rettangolare di 4 mm. di minimo e di 6 mm. di massimo; la dimensione massima deve trovarsi, tutt’al più a 3 mm. dalla punta della lama.

L’estremità della lama può essere realizzata anche con un bottone pieno, che deve, però, presentare la stessa sezione del bottone ripiegato.

 

sciabola-regolamento

 

  1. Coccia m.24: La coccia è piena, tutta d’un pezzo ed esteriormente liscia. Presenta una forma convessa continua, senza bordature o buchi.

Deve passare attraverso un gabarit rettangolare con una sezione di 15 cm. x 14 cm. per un’altezza di 15 cm., la lama restando parallela all’asse del gabarit.

 

sciabola-regolamento-coccia

 

Modo d’impugnare l’arma

Il punto di raccordo tra lo schermitore e l’arma è costituito dal manico, che si sviluppa dietro la coccia.

Mentre per la sciabola il Regolamento ne contempla un solo tipo, per il fioretto e per la spada viene distinta l’impugnatura francese da quella anatomica.

La prima, detta anche liscia, non presenta alcun tipo di appiglio per la mano, a differenza di quella anatomica, detta anche ortopedica, che invece è caratterizzata da una serie di alloggiamenti più o meno definiti per le singole dita della mano

 

spada-francesespada-anatomica

 

impugnatura francese (liscia)                    impugnatura anatomica

 

In verità sino a qualche decennio fa esisteva anche un’impugnatura italiana, ovviamente molto diffusa nel nostro paese; attualmente è obsoleta per il genere di evoluzione che ha subito nel tempo la tecnica di assalto.

Ne fornisco un disegno dettagliato per conoscenza storica:

 

fioretto-italiano-dettaglio

 

Al di là della presenza dei due attuali tipi di manico, indubbiamente si è assistito ad una progressiva affermazione dell’anatomico sul francese.

I motivi di questa tendenza credo si possano riassumere innanzitutto nel successo della maggior facilità di approccio del primo rispetto al secondo (sia l’allievo che l’insegnante “faticano” di meno); in secondo luogo nell’evoluzione complessiva della scherma in direzione di una maggiore “fisicità” dello scontro.

L’essenza del problema risiede nella qualità della superficie di contatto tra manico e mano dello schermitore.

La presenza di mirate asperità (da qui la denominazione anatomico), favorisce indubbiamente una migliore presa complessiva dell’attrezzo, conferendo sicurezza e saldezza di contatto.

Per contro nel manico, definito appunto liscio, la mano non ha alcun riferimento fisico specifico di presa.

Tuttavia una delle leggi fondamentali della scherma recita che nessuna scelta dello schermitore è la migliore in assoluto, ma solo relativa al contesto.

In effetti quelle escrescenze del manico anatomico così utili alla presa, in certe situazioni di pedana (come ad esempio il corpo a corpo) limitano ed ostacolano i movimenti della mano, che invece sono favoriti al massimo nel manico liscio.

Inoltre mentre nell’anatomico la lunghezza del braccio armato corrisponde ad un segmento fisso, nel francese, impugnato progressivamente più lontano dalla coccia, la lunghezza di tale segmento può essere incrementata (con notevole vantaggio soprattutto in una specialità come la spada).

Esiste poi un rapporto tra tipologia d’impugnatura e qualità tecnica del colpo: ad esempio una battuta si può eseguire ovviamente sia con l’anatomico che con il francese, ma appare evidente che in un’azione che richiede più energia sia favorito il primo (tenuto a piena mano) rispetto al secondo; per converso anche un’angolazione può essere effettuata con entrambi i manici, ma in questo caso il favorito è quello francese (che lascia la mano più libera).

Comunque, qualsiasi sia la tipologia del manico, dal punto di vista di applicazione della forza esiste un unico principio: il ruolo guida nel rapporto con l’arma – attrezzo deve essere svolto dalla triade dito indice – pollice – medio (lasciando all’anulare e al medio solo un ruolo di supporto).

L’ultima falange del primo da sotto sorregge l’arma e col supporto dei muscoli del braccio contrasta la gravità, il secondo serra dall’alto, mentre il terzo concorre lateralmente alla composizione delle forze

Da un punto di vista di gestione di forze fisiche (quelle della mano), la presenza di specifiche superfici di appoggio sulle quali poter più facilmente esercitare la dovuta pressione, come abbiamo ricordato appena sopra, conferisce senz’altro maggiori opportunità sia nell’ottica del risparmio di energia muscolare, sia in quella della produzione di forze antagoniste.

Inoltre la parte terminale del manico (in modo più evidente il pomolo nel manico liscio), alloggiando nell’incavo della base della mano, permette di controbilanciare le forza di spinta, assicurando il migliore assetto e di conseguenza la migliore gestione dell’intero segmento – arma.

Per la spada, in parziale favore del manico francese, interviene come già detto un fattore di puro significato geometrico: consentendo il manico liscio d’impugnare l’arma ad una certa distanza dall’interno della coccia, viene a prolungarsi significativamente il segmento braccio armato-arma, a tutto vantaggio di una specialità dove la registrazione del colpo è affidata esclusivamente all’anticipo temporale del colpo rispetto a quello dell’avversario.

 

francese-a-mano-piena-copiafrancese-a-mano-allungata

impugnatura normale         impugnatura allungata

 

 

Stretta in tempo
L’applicazione delle forze fisiche, che permette alla mano d’impugnare e di governare l’arma, non deve essere costante nel tempo, bensì adattarsi alle varie contingenze in cui l’attrezzo si viene a trovare.

Il termine brandire il ferro, che letteralmente significa impugnare saldamente un’arma, rende perfettamente l’idea: l’attrezzo non va utilizzato in modo uniforme e monocorde, ma lo schermitore deve mantenere con esso lo stesso rapporto (appunto di saldezza) nelle varie situazioni in cui è chiamato a svolgere ruoli anche antitetici da un punto di vista di soggezione e/o di produzione di energia.

Premesso che nella gestione dell’arma deve sempre prevalere la miglior destrezza, nelle alterne vicende tecniche della pedana si possono infatti configurare alcune situazioni in cui è necessario far fronte ad una maggiore quantità di energia fisica: una battuta sul ferro, sia subita che inferta, l’esecuzione di una parata di picco, anche in questo caso sia subita che eseguita, lo stesso impatto provocato dalla punta che raggiunge il bersaglio.

La variabilità della quantità di energia muscolare utilizzata dallo schermitore deve sempre garantire il migliore portamento del ferro, che viene appunto realizzato attraverso un insieme di equilibrio e di capacità direzionale dell’arma.

 

Posture
La teoria schermistica individua tutta una serie di posture tecniche, cui lo schermitore deve ispirarsi per poter essere efficiente al massimo.

Tali posture possono riguardare complessivamente tutto il corpo, come ad esempio la guardia e l’affondo, oppure riferirsi solo ad alcune sue specifiche parti, come ad esempio il braccio armato quando è impegnato in una qualche attività.

Linee immaginarie, loro intersecazioni, perpendicolarità, parallelismi, angoli e relativa gradazione sono tutti riferimenti e coordinate spaziali ampiamente in uso sui trattati e, talvolta, anche nel linguaggio dei maestri di scherma.

Tuttavia è onesto affermare che raramente un atleta, anche se di vertice, riesca a realizzare sulla pedana gli archetipi posturali teorici; d’altra parte, al di là dei propri limiti con i quali ogni essere umano deve fare i propri conti, esiste anche la dimensione dell’interpretazione personale che ogni schermitore è chiamato a dare come proprio contributo individuale (o forse questo è solo un pretestuoso alibi!).

In effetti, anche in atleti appartenenti ad una stessa scuola, scaturisce un’irripetibile modo di fare scherma, uno stile che, pur configurando magari alcuni aspetti tecnici tipici in comune, contraddistingue poi ogni assaltante da tutti gli altri; ciò indubbiamente anche in ossequio alla propria corporatura e alla propria personalità.

Tutto ciò doverosamente premesso, passiamo ora ad analizzare i vari tipi di postura tecnica teorizzati dai tradizionali trattati, cercando di applicare nei loro confronti un filtro che faccia risaltare soprattutto le loro peculiarità in relazione ai principi della Geometria e della Fisica.

 

 

Pugno armato
La mano armata, nelle mutabili contingenze dei vari colpi, può avvantaggiarsi assumendo diverse posture spaziali: la geometria dei colpi da attuare può richiedere un diverso assetto del pugno rispetto alla normale posizione di stallo tenuta in guardia.

In effetti, ruotando la mano sull’asse longitudinale dell’avambraccio, vengono riprodotte situazioni posturali più idonee a svolgere determinati compiti, come ad esempio intercettare meglio la lama antagonista o far percorrere alla propria punta più facilmente alcune linee d’attacco.

Geometricamente si configurano quattro posture fondamentali del pugno armato: quella di prima (solo teorica) con il suo dorso sulla sinistra – di seconda con il dorso in alto – di terza, a destra – di quarta, in basso) e, di conseguenza, tre posture intermedie (di prima in seconda – di seconda in terza – di terza in quarta).

Prendendo come riferimento appunto il dorso della mano (simboleggiato da un segmento), ne fornisco un elenco grafico, precisando che l’ottica è quella dello stesso schermitore in guardia:

 

pugni-simbolici-fioretto-e-spada

 

In effetti il braccio armato, sia in fase offensiva che difensiva, può trovare un potenziale limite nella conformazione morfologica dell’arto e del rapporto che la mano instaura sul manico.

In quest’ottica la possibilità di rotazione del braccio armato e in specie della sua parte apicale va a comporre in senso utile l’esigenza di una diversa configurazione spaziale e di un migliore adattamento alla singola contingenza.

In altre parole la posizione del pugno del braccio armato può armonizzare muscolarmente al meglio determinate situazioni posturali, andando a rendere possibile o almeno a facilitare la gestibilità dell’attrezzo – arma.

Un esempio per tutti: nel fioretto, andando dalla postura di guardia a quella di quarta, il pugno dalla posizione di terza, ruotando al suo interno, trasla quasi spontaneamente in quella di seconda in terza. Così facendo, viene a prodursi geometricamente un effetto per cui la punta, divergendo anch’essa all’interno della guardia, perde l’allineamento con il bersaglio avversario.

Quest’aspetto geometrico negativo viene tuttavia tollerato soprattutto in funzione degl’indubbi vantaggi convenzionali che, tirando di fioretto o di sciabola, si producono laddove si riesca ad intercettare il ferro dell’antagonista (sia in parata che in legamento).

Nella spada la stessa tipologia di spostamento, non potendo contare sulla protezione assicurata dalla Convenzione schermistica e dovendosi invece adeguare alle esigenze spazio temporali della precedenza del colpo assicurate dal permanere della punta sul bersaglio, obbliga il pugno a restare in terza, costringendo di conseguenza il polso ad una contorsione forzata al limite della propria flessione.

Le diverse geometrie del colpo da sferrare, influiscono quindi direttamente la geometria del pugno armato.

 

 

La prima posizione
E’ una postura assolutamente teorica, in quanto al giorno d’oggi nessun agonista di fronte all’avversario e pressoché nessun allievo di fronte al maestro ne ossequia l’esecuzione.

Si preferisce trasferire tutto il pathos dell’imminente attività nel saluto con l’arma, anche questo tuttavia solo accennato e scorporato dalle svolazzanti evoluzioni del gesto prototipo.

Solo per completezza ne riportiamo quindi qui di seguito il canone.

 

primaposizione

 

Piedi ad angolo retto: quello sotto l’arma davanti all’altro e posto nel senso longitudinale della pedana, indirizzato verso l’avversario o il maestro (a) – il corpo perpendicolare al terreno (b) con spalle profilate (c) e ad uguale altezza tra loro – l’arma quasi all’altezza della cintura col pugno in terza posizione (d), facendo formare alla lama una diagonale con la punta rivolta verso il basso – la mano non armata regge la maschera all’altezza del fianco dietro – il volto è diretto verso l’avversario.

 

 

 

L’arma in linea per il saluto

Per arma in linea s’intende quella linea retta e parallela al suolo, formata dal braccio e dall’arma, che, prolungandosi immaginariamente, si congiunge con il petto dell’avversario.

Dinamica del movimento: dalla prima posizione si mette l’arma in linea facendo perno al gomito e, rasentando la spalla dietro, facendo descrivere alla punta del fioretto e/o della spada un arco di cerchio dal dietro in avanti sino a formare, con il pugno in terza posizione, una linea retta dalla spalla sino alla punta dell’arma.

Per la sciabola, differentemente, il passaggio avviene per il basso e l’arma in linea è tenuta con la posizione di pugno in seconda.

 

saluto-in-avanti-particolaresciabola-saluto

 

fioretto / spada                                       sciabola

 

 

 

Il saluto

L’atto di dovuta cortesia verso l’avversario, il maestro e/o il pubblico si esegue portando l’arma in linea, successivamente alzandola, flettendo il braccio all’articolazione del gomito e portando la coccia all’altezza del mento col pugno di quarta, e infine ridiscendendola, ma non completamente, in avanti; successivamente, se presente qualcuno, si saluta prima alla propria sinistra con il pugno in terza in quarta, poi alla propria destra con il pugno di seconda in terza.

La testa e lo sguardo seguono nel frattempo la punta dell’arma.

Il ritorno nella prima posizione di partenza si ottiene, dopo aver girato il pugno in seconda, piegando il braccio al gomito e passando per il basso.

 

saluto-davanti             saluto-fioretto-e-spada

prima posizione, arma in linea, arma al volto                           saluto nelle tre direzioni

 

 

La geometria del gesto mette in risalto il fatto che il saluto è portato dal parziale allineamento dell’arma nella direzione del destinatario del saluto stesso.

 

 

L’equilibrio
Prima di affrontare la descrizione delle varie posture corporee che lo schermitore assume in genere durante lo svolgimento di un assalto, è necessario fare alcuni richiami al concetto di equilibrio in Fisica.

Un sistema (un corpo rigido) si dice in equilibrio quando la risultante di tutte le forze che agiscono su detto corpo è nulla (è questo il caso di uno schermitore che deambula sulla pedana in attesa dell’inizio di una specifica azione offensiva o difensiva).

L’equilibrio statico è una caso particolare di equilibrio: in esso la velocità è nulla, quindi il sistema è in quiete (è questo il caso dello schermitore fermo in guardia).

Come sappiamo sulla superficie terrestre ogni corpo deve fare i conti con un’immancabile protagonista, la gravità esercitata dalla Terra.

Sotto l’azione di questa forza qualsiasi oggetto si comporta come se tutto il suo peso fosse concentrato nel baricentro (o centro di gravità).

In effetti ogni corpo (inteso anche come oggetto) è come se fosse composto da tante parti unite tra loro, ognuna delle quali dotata di una propria forza peso: la forza peso del corpo è la somma delle forze peso di tutte le parti che lo compongono.

Queste forze sono tutte dirette verso il centro della Terra; la risultante di queste forze, che ha la loro stessa direzione ed il loro stesso verso, si applica in un unico punto del corpo chiamato baricentro.

Se un oggetto è simmetrico ed omogeneo, cioè ha dappertutto uguale densità, il suo baricentro coincide con il suo centro geometrico, cioè con il punto d’incontro degli assi di simmetria.

 

 

Esempi di baricentro in oggetti geometrici
baricentro

 

Nel corpo umano il baricentro si trova in corrispondenza dell’addome.

Un oggetto (o persona) appoggiato su un piano orizzontale è in equilibrio soltanto ad una condizione: la linea verticale che passa per il baricentro deve cadere all’interno della base d’appoggio.

 

baricentroaffondobaricentro-affondo

 

La base d’appoggio è l’area del terreno delimitata dai piedi come avviene nella postura di guardia e di affondo.

Quando il corpo viene inclinato, il baricentro si sposta: se la sua proiezione verticale non sta più nella suddetta base d’appoggio, si perde l’equilibrio e si cade.

Per potersi inclinare di più senza cadere, si devono allargare maggiormente le gambe, ampliando di conseguenza la base d’appoggio; oppure utilizzare le altre parti corporee per equalizzare la distribuzione del peso complessivo (ad esempio come fa lo schermitore usufruendo dello spostamento del braccio non armato).

Ogni corpo appoggiato è sottoposto a due forze uguali ed opposte: la forza peso, che agisce verso il basso, e la forza esercitata verso l’alto dalla superficie su cui poggia.

Tuttavia il tipo di equilibrio è diverso nei tre casi mostrati dalla figura:

 

conostatico

 

 

Il cono A è in equilibrio stabile, perché, se spostato leggermente dalla posizione in cui si trova, tende a ritornarci.

Il cono B è in equilibrio instabile, perché la base su cui poggia è molto piccola e basta un piccolo spostamento perché la verticale passante per il baricentro cada fuori di essa, provocandone la perdita dell’equilibrio di partenza.

Il cono C è in equilibrio indifferente, perché, qualsiasi posizione gli venga data, si trova sempre in condizione di equilibrio.

Quindi ogni postura assunta dallo schermitore che diminuisca eccessivamente l’area della base d’appoggio, trasforma il suo equilibrio da stabile ad instabile.

 

 

La guardia

Come sappiamo la guardia è la postura che lo schermitore assume con tutto il proprio corpo e l’arma per predisporsi nel migliore dei modi allo scontro con l’avversario: il combattente deve poter sviluppare all’occasione una vasta gamma di gestualità nel migliore dei modi e nel più breve tempo possibile.

La costruzione teorica della postura di guardia, attraverso l’equilibrio generale del corpo, deve garantire:

– innanzitutto una veloce deambulazione in avanti e all’indietro per gestire la misura in due ottiche, quella offensiva e quella difensiva;

– in secondo luogo, in aggiunta alla normale capacità di accostamento all’avversario, anche la produzione di un gesto risolutivo in avanti (affondo o allungo), che permetta all’attaccante di potere raggiungere il bersaglio con il proprio colpo.

– infine una piena funzionalità operativa al braccio armato, con o senza contatto col ferro nemico.

Nell’ottica del nostro lavoro è importante focalizzare l’attenzione sulla costruzione di un sistema-schermitore che, secondo i canoni della Fisica, riesca a garantire al meglio tutte queste funzionalità.

A questo proposito entra in gioco il concetto di equilibrio, sul quale ci siamo pur brevemente intrattenuti nel capitolo precedente.

Nella fattispecie, per consentire un rapido avanzamento ed un’altrettanto veloce arretramento giocoforza è che il peso corporeo sia nella sua totalità distribuito equamente tra le due gambe: in altre parole il baricentro deve trovarsi sulla perpendicolare della parte centrale del tronco, esattamente nel punto medio del segmento costituito dalla distanza tra i due piedi disposti in guardia.

Il busto deve mantenere una postura eretta con la testa tenuta in alto, sia per non contrarre i muscoli delle spalle, sia per avere la migliore visione del gioco.

Il migliore assetto di guardia, come abbiamo già avuto occasione di affermare, non solo è importante per se stesso e per le funzionalità che persegue direttamente, ma anche per quelle connesse, cioè sia la capacità di deambulare velocemente, sia quella di produrre un decisivo allungo verso il bersaglio avversario.

In effetti l’equilibrio posturale di una buona guardia è la migliore garanzia per avere valide basi fisiche di partenza per l’applicazione di quelle dinamiche che devono portare a diverse posizioni corporee: tanto meglio si sta in guardia, tanto più si può produrre un allungo di buona qualità ed efficacia; invece, tanto peggio si sta in guardia, tanto peggio si realizza l’affondo.

Si tratta ora di tradurre in geometria questi principi di equilibrio fisico, fornendo a questo proposito tutta una serie di inconfutabili coordinate.

  • piedi ad angolo retto (a, b) con il piede avanti posto sulla linea direttrice verso l’avversario: ciò per avere una linea di proiezione diretta verso l’antagonista e per avere, tramite la trasversalità dell’arto dietro, un idoneo sostegno alla profilata postura dell’intero corpo

 

guardiaa

  • idonea distanza tra i due piedi (né troppo esigua, né troppo estesa: indicativamente un proprio piede e mezzo, due piedi) per conferire stabilità alla postura generale del corpo, riservandosi la maggiore apertura possibile in occasione dell’effettuazione dell’allungo

distanza-tra-piedi

  • ginocchia a piombo sui sottostanti piedi (a,b) in ossequio alla loro morfologia : sia per conferire ulteriore stabilità all’intero impianto posturale, sia per la migliore produzione dell’affondo

 

guardiab

 

  • idoneo compasso delle gambe, ovvero grado di flessione delle stesse (circa 130°): ciò per immagazzinare un’idonea quantità di energia potenziale muscolare da rilasciare in occasione delle mutanti esigenze di spostamento sulla pedana o per l’effettuazione dell’allungo al fine di raggiungere il bersaglio avversario.

 

compasso-gambe

  • busto eretto con baricentro nel punto medio (a) della distanza tra i due piedi e spalle alla stessa altezza

 

guardiad

 

 

  • spalle e busto, per ossequio alla morfologia corporea, leggermente inclinati (30/33° gradi al massimo) rispetto al braccio armato (a), che a sua volta giace sulla linea direttrice (b); spalle alla stessa altezza (c) per consentire la completa operatività al braccio armato e per favorire le funzioni complementari di quello non armato.

guardiae

 

  • postura del braccio armato leggermente piegata al gomito (a), sia per una migliore evoluzione spaziale dell’attrezzo, sia per avere un’economia di avvicinamento al bersaglio indipendente dall’uso delle gambe

 

 

guardiaf

 

  • postura del braccio non armato nella classica posizione arcuata (sopra, b) oppure rilasciata presso il fianco: a questo proposito è bene precisare che non è tanto importante dove stazioni l’arto, quanto piuttosto che partecipi attivamente alle dinamiche di trasformazione posturale con le sue note funzioni alterne di allineamento delle spalle, di slancio e di riequilibrio generale nel ritorno in guardia.

Trattando della guardia, una doverosa appendice deve essere dedicata alle specialità della sciabola e della spada, in quanto peculiari esigenze di carattere tecnico, rendono necessari alcuni specifici adattamenti.

  • punta del fioretto e della spada indirizzata in avanti in direzione dell’avversario (a): per avere una più breve traiettoria d’attacco

 

guardiag

Trattando della guardia, una doverosa appendice deve essere dedicata alle specialità della sciabola e della spada, in quanto peculiari esigenze di carattere tecnico, rendono necessari alcuni specifici adattamenti.

 

 

Guardia di sciabola
In tale specialità è teorizzata la postura di guardia di terza, così denominata per l’atteggiamento spaziale del braccio armato, orientato all’infuori a tutela del proprio bersaglio esterno.

Il diverso assetto posturale rende più agevole il disimpegno muscolare della spalla, consentendo di sviluppare qualsiasi tipo di movimento con maggiore prontezza e velocità, soprattutto quelli relativi ai colpi di taglio, che risultano i più ricorrenti in questa specialità.      La guardia di terza, oltre che proteggere i cosiddetti bersagli avanzati, consente anche una maggiore tutela rispetto alla particolare geometria dei colpi.

 

sciabola-guardia               sciabola-invito-di-terza

 

 

Guardia di spada

Nella spada, dove l’unica regola consiste nell’anticipare sul tempo l’avversario, un’esigenza primaria è costituita dalla tutela del polso e dell’avambraccio quali bersagli avanzati.

In effetti per lo spadista lo spazio acquista anche un valore temporale: a parità di velocità espressa, si colpisce prima un bersaglio posto ad una distanza minore (appunto i bersagli avanzati) rispetto ad un altro più distante (il tronco del corpo).

A questo proposito, se il polso e l’avambraccio restano dietro la proiezione della coccia, essa viene a svolgere il ruolo di un vero e proprio mini-scudo: infatti le linee d’attacco rettilinee, tangenti al cerchio della coccia, diventano parallele ai bersagli stessi e quindi non possono geometricamente raggiungerli in nessun modo. Tanto è vero che la teoria schermistica ha elaborato un’apposita azione per violare questo specifico assetto spaziale, l’angolazione; ma di questo parleremo in seguito a suo tempo.

 

guardiah

 

La natura estremamente pragmatica della spada, oltre ad ispirare l’aspetto difensivo della guardia, ne ha anche sollecitato un aspetto offensivo.

In effetti, se lo spadista è sulla linea direttrice e tiene l’arma in linea retta davanti a sé, la sua punta risulta inderogabilmente indirizzata verso il tronco del corpo dell’avversario, ovvero sul suo bersaglio grosso.

Se invece crea un pur modesto angolo al polso all’infuori della sua guardia realizza un’utilissima geometria offensiva:           dando per scontato che i due antagonisti giacciano sulla linea direttrice, realizzando l’angolo sopradescritto la punta viene a posizionarsi proprio su di essa, andando a creare una linea d’intersezione rispetto alla linea di avanzamento del braccio armato avversario.

In altre parole chi effettua uno spostamento in avanti (sia tramite i passi, sia tramite l’allungo) ha molte probabilità di andare ad impattare spontaneamente la punta nemica posta e lasciata sulla traiettoria di avvicinamento.

Una postura siffatta è denominata, anche in questo caso, guardia di terza.

 

colpo-al-polso-proiezione-orizzontale

 

La linea direttrice

Con il concetto di linea direttrice viene introdotta dai trattati la geometria del rapporto spaziale con l’avversario.

Si tratta di una linea immaginaria (parallela ai bordi della pedana), che, partendo dal centro del tallone dietro di uno dei due schermitori posti in guardia uno davanti all’altro e passando per l’asse del piede avanti, prolungandosi va ad incontrare negli stessi punti i piedi dell’altro schermitore.

lineadirettrice

 

Riportiamo l‘intera casistica tra schermitori di uguale e di diversa mano: due destri (a), uno destro e uno mancino (b), due mancini (c):

 

linea-direttrice-multipla

 

 

La linea direttrice rappresenta per gli schermitori un reciproco ideale asse per configurare un’utile partizione dei bersagli antagonisti sui quali portare i propri colpi o, di contro, per cercare di tutelare al meglio i propri.

In effetti, divergendo pur di poco da tale linea, vengono a determinarsi due conseguenze geometriche di non poca importanza.

Innanzitutto viene progressivamente a mancare quella potenziale bilateralità dei colpi (all’esterno e/o all’interno) che rappresenta una variabile di fondamentale importanza per chi vuole effettuare una determinazione d’attacco.

La perdita dell’asse con la lama dell’avversario viene poi anche ad alterare l’architettura della difesa col ferro, ovvero delle parate: certi bersagli, diventando praticamente irraggiungibili per la loro distanza (a), non necessitano di tutela; mentre altri (b), presentandosi con una diversa angolazione, richiedono per la loro incolumità uno spostamento spropositato del braccio armato.

 

lineatrasversale

 

Una conferma indiretta dell’importanza del rispetto della linea direttrice durante la conduzione di un assalto è data dalla stessa teoria schermistica, che prevede a questo proposito lo scarto laterale a destra e a sinistra.

Questi ultimi movimenti (se ormai le dimensioni ristrette delle pedane lo consentono ancora!) consistono nell’abbandono repentino della linea direttrice al fine di disorientare la difesa dell’avversario e di procurasi estemporanee linee di penetrazione per il proprio attacco.

 

 

L’arma in linea di offesa

Un’arma è in linea d’offesa quando, a braccio naturalmente disteso, minaccia una qualsiasi parte del bersaglio valido dell’avversario: quindi braccio ed arma costituiscono un unico segmento..

Le valenze del braccio armato in linea di offesa sono due.

La prima è di portata squisitamente geometrica: essa risulta la massima espressione spaziale in direzione dell’avversario ottenibile appunto dall’allineamento della lunghezza braccio e di quella dell’arma.

La seconda invece ha un valore prettamente convenzionale: nelle specialità del fioretto e della sciabola l’atteggiamento di arma in linea, purché assunto prima dell’inizio dell’attacco dell’avversario, conferisce per Regolamento la priorità nella ricostruzione dell’azione al fine dell’attribuzione della stoccata. In pratica, chi si trova a subire l’arma in linea, è obbligato ad intervenire fisicamente su di essa al fine di distoglierla dalla linea di offesa, pena, se toccato, la perdita della propria stoccata comunque portata

 

arma-in-linea-di-offesa

 

 

L’affondo
L’affondo (o allungo che si dica) è uno spostamento repentino prodotto in avanti dallo schermitore per poter raggiungere, una volta annullata la misura, il bersaglio avversario: a tal fine si distende completamente il braccio in avanti e poi, dietro la spinta della gamba dietro, si apre per quanto è concesso il compasso degli arti inferiori, traslando provvisoriamente l’intero corpo in direzione dell’antagonista.

In altre parole l’assetto di guardia viene velocemente trasformato e tradotto in assetto di affondo.

Dal punto di osservazione che ci siamo posti in questo lavoro si delineano tre ordini di considerazioni.

Il primo attinente la dinamica tramite la quale si effettua il suddetto passaggio posturale; il secondo riguardante la nuova posizione di equilibrio da acquisire; il terzo consistente nella dinamica del ritorno all’originaria postura di guardia.

Per quello che concerne la produzione dell’affondo, si tratta di realizzare una forza impulsiva in avanti, forza da ben controllare per riuscire a mantenere la dovuta precisione soprattutto nei colpi di punta (in specie quelli ai ridotti bersagli avanzati).

Il gesto non può che essere un sequitur, cioè una successione ininterrotta e ben concatenata di partecipazione muscolare: il braccio avanti si allunga progressivamente, proiettando in avanti la spalla, seguita senza soluzione di continuità da un minimo innalzamento del piede avanti tale da consentire al repentino raddrizzamento della gamba dietro di imprimere all’intero corpo uno scatto verso l’avversario, coadiuvata nell’istante finale anche dallo slancio impresso dal braccio dietro.

Quindi un vero e proprio crescendo rossiniano che produce da un punto di vista fisico un moto uniformemente accelerato in avanti sino al sospirato impatto con il bersaglio avversario.

Il punto di applicazione della forza muscolare, cioè la vera e propria rampa di lancio dell’affondo, deve essere rappresentato dal piede dietro, l’unica parte corporea che quindi al termine dell’esecuzione dell’intero movimento non avrà mutato la sua originaria posizione.

In effetti ogni maggior partecipazione del piede avanti, che non sia quella di alzarsi solo leggermente da terra, produrrebbe un deleterio interessamento di tutto il tronco del corpo e quindi anche del braccio armato: il colpo perderebbe quindi in precisione e, data l’indotta dinamica, sarebbe sicuramente anche più lento.

 

fioretto-misura-lunga-corrett

 

 

Analizziamo geometricamente in dettaglio i singoli movimenti:

–          il braccio armato si allunga prodromicamente verso il bersaglio, realizzando un segmento unico tra arto ed arma

–          il piede avanti si muove esattamente sulla linea direttrice verso l’avversario per percorrere la linea spaziale più breve e quindi, a parità di velocità, impiegare il minor tempo possibile per giungere a bersaglio

lineatrasversale2

 

–          la quantità di spostamento prodotto in avanti deve consentire alla gamba una posizione perpendicolare al terreno (o tutt’al più col ginocchio leggermente all’infuori del    segmento che  congiunge i piedi); ciò per garantire un veloce ritorno in  guardia in caso di esito negativo dell’attacco prodotto.

In effetti una maggiore apertura delle gambe renderebbe problematico il lavoro di recupero prodotto dai muscoli e dall’articolazione del ginocchio avanti, che non troverebbero un valido punto di appoggio fisico su cui impostare la controspinta per riportare il corpo indietro.

 

lineatrasversale3

 

–          la gamba dietro, vero propulsore del veloce spostamento in avanti, deve raddrizzarsi completamente (a)

–          il braccio dietro deve allineare le spalle (b), che si devono disporre lungo la linea

direttrice, annullando l’originario angolo tenuto nella postura di guardia;

diversamente il peso corporeo si sposterebbe eccessivamente verso l’interno

–          il busto deve rimanere eretto (c) a sostegno della linea del braccio armato (b)

Questa in buona sintesi la dinamica delle singole parti corporee per produrre un efficace affondo.

Passiamo ora ad esaminare i problemi relativi all’equilibrio da trovare nella nuova postura.

Anche in questo caso è di fondamentale importanza mantenere sotto controllo il baricentro del corpo, che dovrà sempre cadere sulla perpendicolare del busto in posizione eretta (a)

 

baricentro-affondo

a

 

Tutte le parti corporee si saranno in effetti allungate in avanti su una stessa linea (a), ad eccezione del piede dietro (b)

 

lineatrasversale4

 

La nuova posizione di equilibrio acquisita nell’affondo risulta fondamentale per un duplice ordine di fattori.

Innanzitutto perché l’assetto progressivamente in fieri del colpo avrà conferito all’attacco le migliori probabilità di successo, influendo positivamente sulla sua direzione, sulla sua penetrazione e sulla sua incisività.

In secondo luogo, come abbiamo già avuto occasione di sottolineare, perché nell’ipotesi che l’attacco non produca l’effetto desiderato di riuscire a toccare l’avversario l’attaccante sarà nelle migliori condizioni posturali per un repentino e provvido ritorno in guardia: in effetti la posizione di allungo, abbassando notevolmente la linea del sistema – schermitore rispetto al suolo, risulta geometricamente subiecta rispetto all’avversario (come vedremo più specificatamente nel prosieguo del lavoro).

Passiamo ora conseguentemente all’esame dell’ultimo punto che c’eravamo prefissi in esordio di capitolo, cioè il problema del ritorno in guardia.

L’equilibrio conquistato in affondo costituisce l’ovvia base fisica per un veloce ripiegamento nell’originaria posizione di guardia: meglio si sarà eseguito l’affondo, meglio e più velocemente si potrà tornare indietro.

D’altra parte con molta probabilità, ci si dovrà anche guardare contemporaneamente dalla reazione dell’avversario dopo la sua difesa.

In quest’ottica l’allungo, più che rappresentare una postura continuativa nel tempo, deve consistere in una rapidissima fase di passaggio: la stessa muscolatura, compressa dalla postura estrema, deve caricarsi di energia potenziale da sfruttare opportunamente subito dopo l’effettuazione del colpo.

In fisica il concetto di energia potenziale indica la possibilità di un corpo di incamerare una forza da poter rilasciare successivamente al verificarsi di determinate condizioni.

Esaminiamo la dinamica dell’affondo da un punto di vista di forze fisiche: l’energia accumulata dalla flessione degli adduttori degli arti inferiori conferisce al corpo che si sbilancia in avanti una decisa spinta verso l’avversario.

 

affondoavanti

 

Nel caso che lo schermitore si soffermi, pur per un breve istante nella postura di allungo, parte dell’energia muscolare a disposizione dovrà essere impiegata per il bloccaggio dell’intero sistema; inoltre, per reinnestare il processo necessario per il ritorno in guardia, l’energia profusa dovrà vincere l’iniziale stato di assoluta inerzia.

Così facendo si riproduce un notevole dispendio di risorse, con la conseguenza che il ritorno in guardia avviene in tempi esecutivi significativamente più lunghi.

Diversamente, se la fase finale dell’allungo viene sfruttata come estremo caricamento della muscolatura e immagazzinamento di energia potenziale, controllandone in tempi di rapida successione lo sprigionamento, si riuscirà ad effettuare un gesto complessivo sicuramente in economia e soprattutto più veloce.

Punto di appoggio fisico per il ritorno in guardia risulta il piede avanti, mentre entrambe le gambe e due braccia concorrono all’unisono a richiamare tutto il corpo all’indietro.

Più la fase di transizione tra i due sistemi di equilibrio fisico sarà veloce e coordinata (andata e ritorno), più il sistema -schermitore sarà in grado di controbattere alle più che probabili iniziative prese dall’avversario in virtù del fallimento dell’attacco.

 

 

La frecciata

La frecciata, forse più conosciuta con il suo nome transalpino di flèche, rappresenta il più veloce e dirompente metodo per tentare di raggiungere un bersaglio dell’avversario.

Sfruttando, almeno per quanto è possibile, i principi della partenza a scatto della corsa veloce, il corpo, sbilanciandosi oltremodo, letteralmente s’invola in avanti.

Più che mai, il successo del movimento è indubbiamente legato all’interessamento progressivo di tutte le parti del corpo: il braccio, slanciandosi, si allunga in avanti, trascinandosi dietro prima la spalla e poi il tronco del corpo; il significativo sbilanciamento di tutto il sistema-schermitore verso l’avversario viene in questo preciso istante caricato dall’energia potenziale rilasciata dalla gamba dietro.

Esauritasi in un batter d’occhio questa spinta, la forza di gravità comincia a produrre i suoi effetti e lo schermitore prontamente deve far intervenire la gamba dietro, che, dopo avere incrociato l’altra, deve garantirgli una repentina ripresa dell’equilibrio e quindi evitare di cadere, magari rovinosamente, a terra.

La traiettoria del movimento risulta quindi da un punto di vista geometrico una parabola: essa ricalca la risultante fisica tra forza di spinta impressa al corpo e la forza di gravità terrestre.

 

fioretto-frecciata-corretto

 

Per ovvi motivi geometrici il colpo deve raggiungere ed impattare il bersaglio quando l’energia prodotta è all’apice della sua manifestazione, idealmente quindi al vertice della parabola ascendente sopraindicata.

Diversamente, se si colpisce dopo tale vertice, le probabilità di successo della stoccata saranno progressivamente inficiate per il fatto che tutte le risorse muscolari saranno occupate nel doveroso recupero dell’equilibrio complessivo del corpo: l’azione perderà infatti precisione e forza di penetrazione e l’attaccante si troverà a mal partito nel controbattere all’eventuale reazione difensiva dell’attaccato.

In quest’ottica la frecciata può benissimo essere catalogata come il gesto d’attacco estremo.

 

 

Spostamento sulla pedana

In genere i due schermitori avanzano e retrocedono sulla pedana senza sosta: ognuno di essi lavora alacremente sulla misura, cioè sulla reciproca distanza.

L’attività, per lo più antitetica, serve a riprodurre le condizioni spaziali più idonee per sferrare un attacco o, all’opposto, per cercare di limitarne la portata e gli effetti.

La meccanica dello spostamento è varia: la più ricorrente è quella basata sull’effettuazione del classico passo (spostando per primo il piede dalla parte della direzione in cui si vuole andare), ma c’è anche la possibilità, invero divenuta abbastanza obsoleta, di fare il passo incrociato, ovvero sovrapponendo le gambe.

 

fioretto-passo-avanti    fioretto-passo-incrociato-avanti-corretto

passo normale                                             passo incrociato

 

Quale che sia, comunque, la modalità esecutiva dei passi, è utile ossequiare alcuni principi geometrici.

Innanzitutto lo spostamento deve avvenire sempre sulla linea direttrice, per mantenersi sempre in asse con l’avversario e per percorrere il tratto più breve. Unica eccezione è il cosiddetto scarto laterale, a sinistra e a destra, che serve appunto a sorprendere l’avversario con un movimento anomalo utile a procurarsi linee offensive e difensive più angolate.

Al termine del movimento la distanza tra i piedi deve essere la medesima di quella esistente in partenza. Anche in questo caso con l’eccezione della tecnica del raddoppio, di cui parleremo a breve.

Il tronco del corpo deve rimanere estraneo il più possibile dagl’influssi dello spostamento.

In effetti il sistema – schermitore ideale si basa tendenzialmente su una tripartizione corporea.

 

tripartizione

 

Gli arti inferiori, che nello svolgere la loro azione dinamica devono cercare di non trasmettere alla parte superiore del corpo sobbalzi o spostamenti derivati.

Il braccio armato, che deve quindi avere l’opportunità di lavorare in completa autonomia, senza dover compensare alcuno squilibrio fisico; braccio che, a seconda delle diverse contingenze suggerite dalla tecnica schermistica, deve avere la capacità di coordinarsi con la dinamica e la tempistica degli arti inferiori.

Il tronco, che, come abbiamo già detto, deve restare quanto più è possibile estraneo al lavoro del braccio armato e delle gambe, intervenendo solo quando particolari esigenze tecniche (inquartata, corpo a corpo…) richiedono una specifica alterazione della sua configurazione eretta.

A questo punto ritorniamo, come anticipato poco sopra, sulla tecnica del raddoppio: in questo caso la distanza dei piedi in guardia viene azzerata, accostando quello dietro a quello davanti, per poi espletare l’allungo.

Così facendo, si guadagna quindi geometricamente sulla misura di partenza l’ampiezza originaria della guardia; tra l’altro, essendo i piedi a stretto contatto, si può anche opzionare per il balzo in avanti.

In effetti l’avanzamento e la retrocessione si possono eseguire, oltre che con i passi, anche tramite il salto: indubbiamente la tecnica che vede impegnati in simultanea i due piedi (tanto che lo schermitore per un breve istante si ritrova sollevato da terra), impiegando più energia muscolare, produce spostamenti più ampi.

Tuttavia, proprio per il maggiore coinvolgimento corporeo, inderogabilmente si tende a coinvolgere anche il braccio armato, che, al fine di mantenere il proprio migliore assetto, deve essere fatto oggetto di idonee controspinte di equilibrio.

In base a tutte queste considerazioni i trattati sono soliti fare circa il cosiddetto attacco camminando (spostamento in avanti associato con l’affondo) due conseguenti associazioni: avanzamento patinato (con i passi) per eseguire azioni di penetrazione con una o più finte, avanzamento a balestra (saltato) per eseguire azioni dirompenti, come ad esempio la battuta e colpo.

In effetti risulta vantaggioso parametrare il contenuto tecnico di un determinato colpo rispetto all’energia sprigionata per percorrere la misura: la sintonia tra questi due elementi costitutivi assicura indubbiamente il miglior esito dell’azione.

 

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Attacco in contropiede

La relazione esistente tra spostamento in avanti dell’attaccante, spostamento indietro dell’attaccato e ritorno in guardia del primo, c’induce a trattare dell’attacco in contropiede.

I trattati citano la scelta del tempo come uno degli elementi fondamentali per l’attacco: in effetti più la determinazione si scatena al momento opportuno, più essa ha ovviamente possibilità di successo.

L’attacco in contropiede rappresenta appunto uno di questi casi, diciamo uno dei più classici.

In effetti l’istante appena successivo ad un attacco dell’avversario andato a vuoto appare molto propizio: dopo la frustrazione della sua determinazione andata a vuoto, in genere egli impegna gran parte delle sue risorse muscolari per effettuare un precipitoso ritorno in guardia, il ché comporta sia una diminuita funzionalità del braccio armato, sia un impegno non indifferente di risorse muscolari; il tutto caratterizzato tra l’altro da una delicata fase di transizione tra due sistemi diversi di equilibrio fisico.

Quindi attaccare in contropiede significa portare azioni in controffesa, siano esse risposte o semplici iniziative offensive, sul finire di un’azione d’attacco dell’avversario o immediatamente sul suo ritorno in guardia.

A questo punto è d’uopo descrivere un eccellente meccanismo che è in grado di valorizzare al massimo tale tipologia di determinazione.

Sull’attacco dell’avversario si effettua un balzo all’indietro per rompere oculatamente misura e, anziché compensare l’equilibrio corporeo alterato (il corpo si è leggermente sbilanciato in avanti, si deve effettuare un significativo caricamento sulle gambe, da utilizzare per partire in frecciata in concomitanza con il problematico ritorno in guardia antagonista; in tal modo si può o lanciare la risposta dopo aver effettuato una parata o si può effettuare un attacco a ferro libero.

contropiede1

 

contropiede2

contropiede da destra                                     contropiede da sinistra

 

 

La misura
E’ la distanza che intercorre tra i due schermitori in pedana o, più precisamente, la distanza che intercorre tra i rispettivi bersagli validi.

Geometricamente è configurabile come un segmento, ma non dalle dimensioni costanti, bensì soggetto a continue variazioni in funzione delle opposte pulsioni degli antagonisti.

 

spada-angolazione-sotto-correttafioretto-misura-giusta

 

misura al polso                                                 misura al tronco

 

Nella nostra attuale ottica di studio è innanzitutto necessario sottolineare fortemente la natura relativa del concetto di misura.

Intanto nella sciabola e nella spada, che contemplano i cosiddetti bersagli avanzati, essa può essere riferita alternativamente per motivi tecnico – tattici a questi ultimi oppure al più esteso tronco del corpo; quindi per i bitaglienti ed i triangolari sussistono due diverse tipologie misure.

Inoltre entrano in gioco anche fattori di diversa natura: in primis quelli di carattere puramente fisico, cioè un’eventuale marcata diversa statura dei contendenti o, in subordine, un maggior pronunciamento degli arti superiori; in secundis una maggiore o minore capacità percettiva; in tertiis quelli relativi al rapporto delle proprie velocità assolute che i due contendenti riescono a mettere in campo; buon ultimo anche un concetto tattico, mirato ad esempio allo scorrere del tempo senza colpo ferire o al tentativo nella specialità della spada di tirare il colpo doppio.

Proprio per quest’ultima specialità è necessario fare un discorso a parte, vista la mancanza assoluta di regole convenzionali.

Lo abbiamo già detto, ma ci piace ribadirlo: nella spada i valori spazio – temporali si fondono in un’unica dimensione, quella della precedenza del colpo (unica regola del confronto).

Quindi la misura, rispetto alle altre specialità, non è percepita solo e soltanto come distanza da percorrere per giungere a bersaglio, ma anche come elemento costitutivo del colpo stesso, come componente di primaria importanza.

In sintesi, quindi, il dato oggettivo di una distanza (appunto la misura tra due schermitori) perde il suo significato assoluto e diviene un valore relativo alle numerose e variegate caratteristiche e personali desiderata presentati dai due contendenti scesi sulla pedana.

In questa ottica le tre tipologie di misura teorizzate dalla teoria schermistica sono assolutamente orientative, nel senso che una data misura valida per uno degli schermitori può non corrispondere a quella dell’altro; vuoi per le già citate difformità di ordine fisico, vuoi, ad esempio nella specialità della spada, per il fatto che si può ricorrere ad un’impugnatura allungata tramite il manico francese.

 

tremisure

 

 

La misura comunque assurge a paradigma di ogni azione e quindi rappresenta il primo banco di sfida tra i tiratori: chi riesce ad imporre o comunque a conquistare più ricorrentemente nello scontro la propria misura ideale per il colpo prescelto (sia offensivo che difensivo) ha maggiori probabilità di concludere vittorioso la sfida.

Nell’ottica geometrica del nostro studio il concetto di misura assume due significati ben precisi: quello di gittata e quello di manovrabilità.

Il primo coincide con il problema che ogni schermitore, attaccando, ha di riuscire a raggiungere il bersaglio avversario oppure, per converso, se attaccato, di non farsi raggiungere dalla stoccata dell’antagonista; in altre parole misura come spazio da dover necessariamente percorrere o come barriera utile da riuscire a frapporre.

Sarà poi la tipologia di attacco da applicare a condizionarne la sua fruizione: come pura distanza da coprire nel minor tempo possibile nelle azioni semplici, come luogo dell’inganno nelle azioni composte, nel controtempo e nella finta in tempo.

In quest’ottica per uno studio più approfondito di questi aspetti rimando ad un altro mio lavoro, “Lo spazio ed il Tempo nell’assalto di scherma”.

Passando invece all’altro significato della misura, quello della manovrabilità, è necessario fare una premessa non tanto poi così scontata.

Tutti intuiscono facilmente che non si può riuscire a toccare un bersaglio fuori della propria portata: è troppo lontano e, di conseguenza, non è raggiungibile dalla nostra punta o dalla nostra lama.

Più difficile è oggettivizzare una situazione diametralmente opposta, ovvero quella in cui i due contendenti, pur vicini, tuttavia sono così prossimi da non potersi toccare proprio per l’esiguità di spazio.

E’ questo il concetto di margine di manovrabilità del braccio armato, concetto che, ad esempio, la teoria schermistica utilizza nell’elaborazione di una delle più classiche uscite in tempo, la contrazione.

Prendiamo ad esempio il caso di uno spadista che viene sorpreso da un improvviso attacco dell’avversario al proprio bersaglio grosso: se il braccio armato dell’antagonista sarà già sfilato dalla linea della sua punta non avrà alcun senso geometrico farla arretrare per poter colpire il bersaglio avanzato nemico; le due opzioni difensive residue non potranno essere altro che o ricorrere alla parata come ultima ratio o ad un colpo d’arresto al tronco. La geometria avrà precluso, almeno come opzione, il più naturale e caratteristico colpo d’arresto all’avambraccio.

Sempre da un punto di vista squisitamente geometrico, la misura è una grandezza in costante divenire, nel senso che il segmento che separa i due contendenti sulla pedana varia in continuazione da un valore minimo (che corrisponde al corpo a corpo che induce il presidente di giuria ad arrestare l’assalto) ad un valore massimo (quello del rispetto vicendevole di una più che rassicurante distanza).

Una specie di movimento a fisarmonica, che si contrae e si dilata secondo il ritmo imposto dalle contrastanti iniziative dei due contendenti.

Al di là dell’ambientazione geometrica di ciascuna azione schermistica, peculiare sia alla sua composizione che alla sua dinamica, esiste una precisa geometria tattica della misura.

A questo proposito il primo principio è quello di cercare di mantenere sempre nelle more dell’incontro un sufficiente margine di sicurezza per poter essere in grado di percepire l’eventuale iniziativa dell’avversario ed avere il tempo per organizzare e riuscire ad eseguire adeguatamente una risposta difensiva.

Se l’avversario di fronte poi è ancora un oggetto misterioso, ovviamente è meglio registrare progressivamente nel corso dell’assalto la misura, partendo nella fase di esordio dello scontro preferibilmente da una sopravvalutazione delle sue capacità di spostamento.

Un secondo principio è quello di contemplare sempre nell’ideazione e nel successivo svolgimento dell’azione (ad eccezione naturalmente dell’effettuazione di un controtempo) un tentativo di stringere prodromicamente la misura, ovvero di cercare di partite in attacco intaccando la misura che ci separa inizialmente dall’avversario: innalzamento della frequenza dei passi in avanti, combinazione dello spostamento avanti – indietro – applicazione della tecnica del raddoppio.

Un terzo principio (già accennato poco sopra) consiste nel parametrare il proprio attacco al bersaglio su cui destinare il proprio colpo.

A questo proposito siamo ovviamente nell’ambito della sciabola e della spada, dove la presenza dei cosiddetti bersagli avanzati (braccio armato per entrambe, ulteriori bersagli inferiori per l’arma triangolare) obbliga lo schermitore a gestire in modo biunivoco la sua misura; attività che quindi risulta prodromica rispetto allo sviluppo di una propria determinazione d’attacco e, all’opposto, vincolata da quella sviluppata dall’avversario.

Un quarto principio di fondamentale importanza, soprattutto per una specialità come la spada, è quello della cosiddetta espressività del braccio armato.

Tale arto, già caricato delle principali responsabilità circa lo sviluppo delle azioni in diretta concorrenza con la lama dell’avversario, nel vibrare il colpo deve dare la sua massima configurazione geometrica.

In altre parole le due parti che costituiscono il cosiddetto braccio armato, cioè l’arto e la lama, devono allinearsi e costituire un unico segmento, quello che assicura appunto la massima estensione geometrica (con le dovute eccezioni dell’esecuzione di un’opposizione di pugno o di un’angolazione).

E sia detto ancora, in questa configurazione lo spazio equivale al tempo: in effetti un braccio armato non completamente disteso verso il bersaglio impatta quest’ultimo in ritardo rispetto ad un braccio armato completamente proteso in avanti.

Buon ultimo, un quinto principio, quello relativo alla tempestiva adattabilità dello spazio geometrico inteso come ambito angusto, il cosiddetto corpo a corpo (tratteremo specificatamente in seguito questo tema).

In effetti per lo schermitore è di fondamentale importanza cercare di continuare ad essere operativi anche quando la prossimità del bersaglio antagonista è significativamente inferiore alla lunghezza del proprio braccio armato.

Siamo qui in presenza di un’esigenza diametralmente opposta a quella esaminata poco sopra circa l’espressività dell’arto dell’assaltante: il segmento braccio – arma deve essere fatto oggetto di una diminuzione più o meno marcata della sua totale estensione.

La meccanica è fondata soprattutto nel fruire di due punti geometrici in cui poter spezzare la continuità del braccio armato: l’articolazione del gomito e quella del polso (a questo proposito ricordiamo che un’impugnatura di tipo francese, appunto perché liscia, facilita non poco, tramite la libertà concessa alle dita, l’inclinazione del polso alla ricerca del miglior angolo di offesa).

Attività complementari possono essere l’inclinazione delle spalle, l’abbassamento del tronco verso il terreno, la circumnavigazione del braccio armato dietro le spalle.

 

 

 

I siti tecnici attorno al corpo
I trattati fanno stazionare in genere il braccio armato nella postura di guardia in attesa di sviluppare la sua attività, offensiva o difensiva (oggi invece nel fioretto è invalso molto l’uso di assumere una costante posizione d’invito).

A questo proposito la porzione di spazio prospiciente i propri bersagli è suddivisa in vari quadranti, rispetto ai quali si vengono a determinare posizioni standardizzate della mano armata.

Ciò avviene non tanto e solo ai fini della tutela delle singole parti corporee cioè della difesa, ma anche in relazione alle ipotetiche linee d’attacco che, entrando in relazione con le geometrie della lama avversaria, portano al bersaglio antagonista.

Questi siti sono variamente distribuiti nello spazio circostante lo schermitore e tengono conto, in conseguenza della postura di guardia, della maggior esposizione della parte interna del tronco: i siti esterni sono molto più prossimi al corpo di quanto non lo siano quelli interni.

 

bersagli

 

Come si vede nella figura sono riportati anche siti spaziali diversi da quelli canonizzati dai trattati italiani: sono del parere infatti che una vera e consapevole conoscenza nasca anche e soprattutto dal confronto con tutte le idee espresse su un certo tema.

A proposito della linea esterna bassa, come sappiamo, la diversificazione tra seconda ed ottava è incentrata sulla posizione del pugno armato: nel primo caso esso è di terza (cioè con il dorso della mano a destra), mentre nell’altro è di seconda (cioè con il dorso della mano in alto l’alto).

L’importanza della standardizzazione dei siti in discussione risiede non tanto e solo nella loro ubicazione equidistante dai bersagli sottostanti da tutelare in tempi ottimali, quanto anche nella migliore ed economica deambulazione tra un sito e l’altro causata da un’azione fintata dell’avversario.

 

 

Passando alla sciabola:

 

bersaglisciabolabersaglisciabola2

 

I bersagli
Il confronto tra due schermitori si risolve, notoriamente, quando uno dei due tocca validamente il corpo dell’altro (o entrambi si toccano nel colpo doppio della spada.   Seguiamo con un certo iter logico la configurazione spaziale dei vari bersagli, ricordandoci, en passant, che le varie specialità si differenziano anche in base alle superfici ritenute idonee per la registrazione del colpo.

Richiamiamo a questo proposito le motivazioni storiche.

Nel fioretto, arma didattica e convenzionale per eccellenza, è stato prescelto il solo tronco del corpo in quanto sede principale degli organi vitali.

Nella sciabola si è voluto rispettare il principio cavalleresco di colpire solo l’uomo e non il cavallo sottostante.

Nella spada, infine, si è voluto ricreare l’atmosfera dei veri duelli da terreno, dove l’intero corpo era esposto all’offesa della punta in subordine alla precedenza del colpo.

 

bersaglifioretto

fioretto (parte bianca: tronco del corpo)

 

bersaglisciabola
sciabola (parte bianca: sopra la cintura)

 

bersagliospada

 

spada (tutto il corpo, compreso il materiale con l’esclusione della coccia)

 

 

Procediamo ora alla mappatura dei singoli bersagli.

 

Uno schermitore in piedi di fronte all’altro non significa nulla, se subito non viene precisato “in guardia di fronte all’altro”: in effetti il corpo dello schermitore, scendendo in guardia, si profila e si defila, allontanando dalla lama avversaria alcune sue parti (quelle opposte al braccio armato).

 

bersaglio-intero-avantibersaglidistinzione
bersagli prossimi                                             bersagli lontani

 

Ci sono poi due metodologie per distinguere geometricamente i vari bersagli: una di carattere assoluto, una di carattere relativo.

La prima si riferisce alle zone corporee in quanto tali: quindi un sopra (o alto) riferito al petto nel suo insieme, un sotto (o basso) riferito innanzitutto al fianco (quello più prossimo all’avversario), ma anche al basso ventre nella sua totale estensione, infine un dietro (inteso come schiena).

 

bersglituttic

 

 

La seconda invece mette in relazione il bersaglio alla posizionamento del ferro avversario: sopra e sotto cioè rispetto alla lama che difende, indentro o infuori rispetto all’interno o all’esterno della guardia armata dell’antagonista.

 

bersaglittutid

 

Nella specialità della sciabola ed in quella della spada, sono da evidenziare con grandissima attenzione i bersagli avanzati, che, essendo per l’attaccante significativamente più prossimi rispetto al tronco del corpo, rappresentano, laddove possibile, un’opportunità geometrica da privilegiare.

 

bersaglispadasciabola

 

 

Il bersaglio rappresenta geometricamente una superficie dall’area variabile, in movimento costante e soggetta talvolta anche a repentini cambiamenti d’inclinazione (schivate più o meno volontarie) rispetto ad un’ipotetica linea d’attacco.

Lo schermitore, dopo essere riuscito a forzare la linea difensiva de ferro antagonista, deve poi risolvere il problema sia di raggiungerlo sia di colpirlo in modo idoneo da innescare la segnalazione.

 

 

Le traiettorie della punta e della lama
 

Governate dal braccio armato, approfittando delle tre articolazioni corporee a disposizione (spalla, gomito, polso), la lama e di conseguenza la punta possono assumere nello spazio circostante lo schermitore innumerevoli posizioni.

Rispetto al tronco del corpo gli snodi consentiti dalle succitate articolazioni possono anche interagire tra loro (attraverso la commistione di tre tipologie di angoli) per aumentare ulteriormente le possibili combinazioni spaziali: in quest’ottica il polso garantisce un’ottima mobilità nelle quattro direzioni cardinali, mentre la spalla incontra dei limiti morfologici quando si allarga verso l’esterno del corpo; il gomito, infine, tranne che nel verso dell’interno del corpo, è quello meno mobile e per sopperire parzialmente a questo suo limite deve necessariamente ruotare intorno all’asse del braccio.

Senza ricorrere allo spostamento fornito dalle gambe, il range di evoluzione è delimitato da una parte dall’eccessiva vicinanza al proprio corpo (che ne impedisce progressivamente la mobilità) e all’altro estremo dalla massima lunghezza ottenibile con l’allungamento completo dell’arto a formare un segmento unico con la lama.

 

Lo spostamento da un dato punto x dello spazio ad un altro punto finale Y (in un caso addirittura allo stesso punto x) può essere effettuato con tutta una serie di traiettorie geometriche.

 

 

 

Rettilinee: quando lo spostamento è effettuato percorrendo il tratto più breve tra i due punti.

 

Esempi:     1) parata di tasto    lineaparate

 

2) botta dritta

botta-dritta

 

Curvilinee: quando la traiettoria segue parte della circonferenza di un ipotetico cerchio dal raggio variabile.

 

 

Esempi:    parata di mezza contro in senso antiorario                        mezza-contro-di-quarta

 

 

 

parata di mezza contro in senso orario                             mezza-contro-di-prima

 

 

Circolari: quando la punta percorre l’intera circonferenza di un ipotetico cerchio; anche in questo caso il moto può essere orario quando si lega o si para di contro di prima o contro di terza, antiorario quando si lega o si para di contro di seconda o contro di quarta.

 

Esempi: parate e/o legamento di contro di

prima e contro di terza in senso orario

 

paratecircolari

 

parate e/o legamento di contro di

seconda (ottava) e contro di quarta

 

 

 

Spirali: quando la punta, allontanandosi o avvicinandosi, percorre una curva che si avvolge a un determinato punto centrale detto asse della spirale.

 

esempio: la cavazione semplice o

la prima di un’azione composta

fioretto-cavazione-corretto

 

 

 

A duplice arco di circonferenza: quando la punta prima viene portata all’indietro e poi riportata in avanti.

 

 

Esempio: cavazione angolata

cavazione-angolata

 

Ad eccezione del colpo dritto (dove la traiettoria si sviluppa, data la specifica natura del colpo, solo linearmente), tutti gli altri colpi si espletano tramite la descrizione nello spazio di una spezzata mista, ovvero di una serie contigua di spostamenti di natura geometrica diversa.

In effetti sia nel caso delle restanti azioni di attacco semplice (la cavazione, la battuta, il legamento seguito dal filo), sia vieppiù nel caso delle azioni composte (dove per definizione si devono eludere una o più parate dell’avversario), le iniziali evoluzioni, che servono a sbarazzarsi in un modo o nell’altro della lama avversaria, sono necessariamente seguite nella parte finale del colpo da un traiettoria pressoché rettilinea per percorrere velocemente la misura e raggiungere il bersaglio antagonista.

Unica eccezione è rappresentata dal colpo finale di fuetto, che, come noto, sostituisce la traiettoria rettilinea con quella ad arco di circonferenza.

 

 

 

Le linee di offesa
 

Sono rette convenzionali che, dipartendosi dal punto in cui l’omero s’interseca con la clavicola, teminano su un bersaglio valido dell’avversario.

Su queste direttrici immaginarie si pone l’asse longitudinale del braccio armato per portare, direttamente nelle azioni semplici o al termine della o delle finte in quelle composte, la punta o la lama a destinazione.

Quindi le linee d’attacco sono in diretto rapporto con il bersaglio dove lo schermitore ha congetturato di concludere il colpo (linea esterna, interna, sopra, sotto).

Sono dette anche linee di penetrazione in relazione al fatto che devono forzare il blocco costituito dalla vigilanza del braccio armato dell’avversario.

Al di là del teorico e potenziale tragitto rappresentato dalle rette sopra ricordate, nel corso dell’assalto indubbiamente esiste in un certo istante di tempo T un segmento S che ha come estremi il punto A, dove staziona la punta (o la lama) in attesa dell’imminente attacco ed il punto B, situato sul bersaglio valido dove sarà indirizzato il colpo.

Ovviamente l’istante ideale per scatenare l’attacco semplice sarà quello in cui il segmento d’attacco AB sarà di minore estensione.

In effetti nella nota formula S = V x T, presupponendo che V (la velocità) sia costante (cioè quella massima producibile dall’attaccante), minore è il valore di S (cioè il tragitto del colpo), minore sarà il valore di T (cioè del tempo di esecuzione).

Quindi lo schermitore in possesso di una sua personale velocità muscolare potrà influire sulla durata del colpo, semplice o comunque sulla parte finale di un colpo composto, lavorando sia sulla misura (accorciandola), sia sulla postura spaziale di partenza della sua punta (o lama).

 

 

 

L’opposizione di pugno
Abbiamo già parlato degli indubbi vantaggi presentati dall’allineamento del braccio armato con la lama: realizzando quest’unico segmento, lo schermitore esprime la sua massima lunghezza nei confronti dell’avversario.

Ebbene in certe circostanze, tale estensione spaziale può essere barattata con un vantaggioso meccanismo geometrico di tutela, l’opposizione di pugno.

In effetti, spezzando opportunamente il pugno armato all’articolazione del polso, si viene a formare un angolo che ha per lati la lama ed il braccio e per vertice il polso stesso.

 

angolo-al-polso

 

Se la parte concava di questo angolo viene posta in corrispondenza della lama dell’avversario (sia direttamente a contatto con il suo ferro, sia comunque tra questo ed il bersaglio dove si sta portando il colpo), si produce un utilissimo effetto – protezione della linea, andando a garantirsi la relativa traiettoria.

In effetti per il principio fisico di divergenza tanto più avanzerà nello spazio la nostra arma in direzione del bersaglio prescelto, tanto più divergerà dal nostro bersaglio la punta dell’avversario.

Configurando sul finale di qualsiasi azione (semplice o composta) un’idonea opposizione di pugno si realizzerà quindi una speciale protezione geometrica del colpo.

E’ di facile intuizione l’importanza e la portata di questo concetto soprattutto in una specialità come la spada dove, almeno in teoria, un attacco dovrebbe trovare una risposta difensiva dell’avversario improntata non tanto nel tentativo di parata, bensì in quello di arresto in linea.

D’altra parte anche un arresto, anziché consistere nel semplice allungamento del braccio, può avvalersi della stessa tecnica: opponendosi con un opportuno angolo al polso può mettersi al sicuro dalla stoccata dell’attaccante, attuando, in condizioni spaziali e dinamiche diverse, lo stesso concetto geometrico. In questo caso i trattati parlano di arresto di contrazione.

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arresto-di-contrazione

lo schermitore a destra esegue un arresto di contrazione

 

 

 

Tipi di colpo
La fase finale di ogni stoccata è costituita dall’impatto della punta e/o della lama sul desiato bersaglio antagonista.

I colpi possono arrivare sulla superficie corporea con due tipi di traiettorie geometriche: quella rettilinea e quella ad arco di circonferenza.

La prima si ottiene allungando progressivamente il braccio armato e facendo percorrere alla propria punta il tragitto minore verso il bersaglio, appunto quello rettilineo,

La seconda invece, si attua con il cosiddetto fuetto: sfruttando la relativa elasticità della lama, con un colpo di frusta si fa percorrere velocemente alla punta un arco di circonferenza, il cui un estremo è costituito appunto da una zona di bersaglio avversario.

 

tipicolpo

 

Due modi difformi di portare il colpo da mettere in strettissima relazione con la probabilità di far registrare il colpo dalla macchina segnalatrice delle stoccate.

A parte la sciabola dove il semplice contatto della lama con il bersaglio valido produce l’accensione del sensore, nel fioretto e nella spada non solo la testina della punta deve raggiungere la superficie, ma deve poi poter caricare la molla contenuta nella bussola della prescritta minima pressione regolamentare nell’altrettanto prescritto lasso di tempo.

Quindi assurge ad un ruolo determinante l’angolo d’incidenza con cui la stessa punta si relaziona con il bersaglio raggiunto: ovviamente minore sarà tale angolo d’incidenza, minori saranno le possibilità di creare un punto di ancoraggio idoneo per far vincere alla forza applicata dal colpo la resistenza della surricordata molla.

In altri termini più tangente sarà la traiettoria della stoccata rispetto alla superficie su cui giace il bersaglio da raggiungere, minori saranno le probabilità per poter raggiungere la soglia idonea per produrre la segnalazione del colpo.

Sotto questa prospettiva eseguiamo una mappatura dei vari bersagli corporei presentati dall’avversario in guardia davanti a noi.

L’angolo d’incidenza tra linea d’attacco di punta e superficie di bersaglio che in assoluto da più garanzie circa la felice conclusione del colpo è senza dubbio quella della direzione perpendicolare; ovviamente questa configurazione geometrica in linea di principio si ha solamente per un limitatissimo numero di zone corporee e per lo più nella specialità della spada.

Presupponendo che lo schermitore giaccia esattamente sulla linea direttrice e sia in canonica postura di guardia: sul meridiano centrale della maschera, sulla parte superiore del braccio, sulla fascia centrale del fianco sotto il braccio armato, sulla parte anteriore della coscia avanti, il relativo ginocchio, la gamba e la parte anteriore del dorso del piede.

Nelle restanti parti corporee, sia per la spada che per il fioretto, si tratta di andare a colpire una superficie chiaramente defilata ed inclinata all’interno della propria guardia; quindi far percorrere una traiettoria perfettamente rettilinea al proprio colpo significa rischiare di non impattare felicemente il bersaglio cosiddetto grosso.

In tali casi è consigliabile, tramite un’idonea angolazione di pugno, accentuare l’angolo d’impatto: all’esterno in caso di antagonisti di stessa mano, all’interno tra antagonisti di diversa mano.

Differente è il caso, caratteristico soprattutto nella specialità della spada, di andare a ricercare sulla superficie avversaria dei punti d’incaglio dove trovare più resistenza, come ad esempio le asperità del guanto o quelle della divisa alla piegatura del braccio in guardia, per non parlare dei lacci della scarpa avanti.

 

 

Gli atteggiamenti con l’arma
Uno schermitore di fronte al proprio avversario ha facoltà, notoriamente, di assumere con il proprio braccio armato tre possibili posizioni: d’invito, di legamento o di ferro in linea.

Si tratta di tre configurazioni che, entrando ciascuna in uno specifico potenziale rapporto spaziale con la lama dell’avversario, generano possibili e differenti tracciati geometrici.

In effetti ogni atteggiamento tenuto con la propria arma in partenza concede o preclude all’antagonista certe sue iniziative, condizionandone quindi, almeno in esordio di azione, in modo diretto la sua attività, (consiglio su questo tema la lettura del mio lavoro “L’errore, le controindicazioni e le opportunità nell’applicazione della tecnica schermistica”).

In altre parole la postura tenuta da uno schermitore costituisce una specie di ouverture per l’azione dell’avversario, ouverture alla quale quest’ultimo deve necessariamente accordarsi per iniziare a svolgere la propria azione.

D’altra parte l’arma di ciascuno dei due contendenti occupa geometricamente una posizione intermedia tra la lama avversaria ed il proprio bersaglio, svolgendo quindi un ruolo di vigile presidio, che in un modo o nell’altro va comunque eluso.

Di conseguenza, lo ripetiamo, ogni azione d’attacco non può prescindere sia dalla posizione iniziale del ferro avversario, sia, successivamente, dalla sua presunta attività difensiva; in tal modo si configura tutta una serie di evoluzioni geometriche (traiettorie rettilinee, spirali, cerchi…) tramite le quali la lama dell’attaccante si deve necessariamente interfacciare con quella antagonista.

 

 

L’invito
In questo caso, abbandonata la posizione centrale di presidio del corpo, l’arma si dirige alla periferia, lasciando di conseguenza scoperto il bersaglio opposto a quello dello spostamento.

Naturalmente il più delle volte si tratta di una scopertura volontaria e quindi presumibilmente supportata da una vigile attenzione dell’esecutore.

Comunque, a prescindere dall’animus di colui che invita, l’effetto geometrico è quello di spalancare la porta alla linea d’attacco dell’avversario, che in linea retta viene quindi a congiungersi direttamente con la zona corporea lasciata scoperta.

A questo punto (si fa così per dire!) è sufficiente andare a bersaglio, non frapponendosi, almeno all’istante ed in linea teorica, alcun tipo di apparente barriera al colpo d’attacco: si tratta solo di valutare i tempi di reazione dell’avversario e metterli in relazione con la propria velocità esecutiva (è questo il cosiddetto colpo dritto, che prenderemo in specifico esame tra breve).

Tipologie d’invito, eseguite indifferentemente dal destro o dal mancino:

–          l’invito di prima (o di mezzo cerchio) scopre il proprio fianco o la linea bassa

–          l’invito di seconda scopre il petto o la linea alta

–          l’invito di terza scopre la linea interna

–          l’invito di quarta scopre la linea esterna

 

 

inviti

 

 

 

Il legamento
 

Nel legamento l’arma, abbandonata la sua postazione centrale e direttasi verso la lama avversaria, instaura su di essa un idoneo dominio fisico, sfruttando i principi dell’utilità della leva di terzo genere (come abbiamo già descritto nelle pagine precedenti).

I due segmenti, costituiti dalle lame, diventano incidenti e danno luogo ad una duplice e reciproca configurazione geometrica.

Sulla linea orizzontale, quella di terza – quarta, la punta della lama avversaria legata viene deviata dalla linea d’offesa e la lama che lega, spostandosi per eseguire tale movimento, scopre, lasciandolo incustodito, il bersaglio opposto al legamento stesso.

 

 

legamentoa

 

 

 

 

 

Sulla linea obliqua, quella di prima – seconda, invece il rapporto tra i bersagli è identico.

 

 

legamentob
Nei vecchi trattati, sottolineando la reciproca scopertura, il legamento veniva denominato anche invito di legamento.

Comunque la posizione di dominio di chi effettua un legamento offre indubbiamente una serie di vantaggi: consente appunto di scoprire un bersaglio dell’avversario, di tenere sotto stretto controllo il suo ferro avversario e di poterne fare addirittura punto di partenza per una propria determinazione d’attacco.

Tra l’altro la Convenzione schermistica riconosce a tale postura anche un valore di preminenza, attribuendole la priorità nella ricostruzione dell’azione per l’attribuzione della stoccata.

 

Tipologie eseguite da schermitori di mano uguale:

 

–          il legamento di prima devia la lama avversaria all’interno in alto di chi lega e scopre il fianco antagonista; contemporaneamente resta scoperto il fianco di chi lega;

 

–          il legamento di seconda devia la lama avversaria verso il basso all’esterno di chi lega e scopre il bersaglio sopra antagonista; contemporaneamente resta scoperto il bersaglio sopra di chi lega;

 

–          il legamento di terza devia la lama avversaria all’esterno in alto di chi lega e scopre il bersaglio esterno antagonista; contemporaneamente resta scoperto il bersaglio interno di chi lega;

 

–          il legamento di quarta devia la lama avversaria all’interno in basso basso di chi lega e scopre il bersaglio interno antagonista; contemporaneamente scopre il bersaglio esterno di chi lega.

 

fioretto-legamenti-eo-parate

legamenti

 

 

Tipologie eseguite da schermitori di mano diversa:

 

 

–          I legamenti nella linea obliqua, prima e seconda, hanno le stesse caratteristiche

degli schermitori di mano uguale, anche se il bersaglio è ubicato diversamente

rispetto alla punta

 

–          il legamento di terza devia la lama avversaria all’esterno in alto di chi lega e scopre il bersaglio interno antagonista; contemporaneamente resta scoperto il bersaglio interno di chi lega;

 

–          il legamento di quarta devia la lama avversaria all’interno in basso di chi lega e scopre il bersaglio esterno antagonista; contemporaneamente resta scoperto il bersaglio esterno di chi lega

 

 

L’ottica geometrico – spaziale di colui che subisce il legamento, oltre a vedere deviata la propria punta dalla linea di guardia e a soggiacere in una posizione convenzionalmente sfavorevole, è ovviamente quella di trovarsi ad avere una grossa limitazione nelle opzioni per gestire liberamente il proprio ferro: oltre a continuare a sottostare al dominio può solamente, o arretrare facendo perdere il contatto tra le lame oppure effettuare la cavazione per svincolarsi sul posto dalla lama antagonista.

 

 

Arma in linea
L’arma (o ferro) in linea è invece caratterizzata dal suo permanere nella posizione mediana rispetto alla guardia, per di più tenuta a braccio naturalmente disteso con la punta indirizzata in linea retta verso un bersaglio valido dell’avversario.

La geometria in questo caso è caratterizzata dalla realizzazione del massimo segmento ottenibile dall’allineamento dell’arto e della stessa lama (situazione concettuale che in altre parti di questo lavoro denomino anche come espressività del braccio armato).

La minaccia portata sul bersaglio avversario, ottenuta comunque a spese di una piena esposizione all’intercettamento da parte del ferro avversario, è riconosciuta anche in questo caso come priorità per la ricostruzione convenzionale dell’azione ai fini dell’attribuzione della stoccata.

 

armainlinea

 

Come l’invito espone lo schermitore alla botta dritta dell’avversario e come il legamento alla sua cavazione, così il ferro in linea dà la possibilità all’antagonista di realizzare le due azioni sul ferro teorizzate dai trattati, cioè la battuta e colpo o la presa di ferro e filo.

Inoltre le controindicazioni della postura di arma in linea d’offesa risiedono in due ordini di fattori: il primo nella limitazione di movimento di cui lo schermitore si fa carico, rinunciando, appunto per la particolare configurazione assunta dal proprio braccio, all’articolazione del gomito; il secondo nella rinunzia all’espressività del braccio armato per poter raggiungere il bersaglio antagonista.

 

 

Arma in linea di guardia
In questo caso il braccio armato è tenuto in linea, ma l’arto non risulta completamente disteso, bensì più o meno piegato al gomito.

I limiti di ampiezza di questo segmento variabile sono: da una parte, con il gomito a contatto del fianco, la sola lunghezza dell’avambraccio, dall’altra una misura leggermente inferiore a quella ottenibile con l’arto già completamente disteso (cioè in linea d’offesa).

 

spada-guardia

 

 

Il braccio, in relazione a questa capacità di estensione, possiede un’importantissima economia spaziale di proiezione in avanti: ciò è utile non solo quando volendo effettuare un attacco si riesce a cominciare a erodere significamene la misura che ci separa dall’avversario, ma anche quando dopo aver effettuato una parata e necessario lanciare la relativa risposta sul bersaglio antagonista.

Analizziamo le due situazioni da un punto di vista geometrico.

Nel primo caso un attacco riuscirà a toccare l’avversario quando la somma dei segmenti spaziali ottenuti dalla estensione del braccio armato e dall’avanzamento del piede avanti sarà almeno uguale all’originario segmento – misura esistente all’inizio della determinazione.

Nel secondo caso una risposta riuscirà a toccare quando il segmento prodotto in avanti da chi si è difeso (estendendo il braccio armato e, se di caso, producendo un allungo) sarà superiore al segmento – ripiegamento all’indietro realizzato dall’attaccante.

Ovviamente in entrambe le situazioni, più il braccio sarà già disteso prima dell’inizio dell’azione, meno spazialità potenziale in avanti potrà produrre.

Non solo, ma un’idonea postura dell’arma in linea di guardia, intesa come base di partenza operativa, indubbiamente influisce positivamente su tutte le geometrie di attacco e di difesa che è chiamata a disegnare nello spazio circostante.

In effetti abbiamo già detto a questo proposito che la morfologia del corpo obbliga lo schermitore ad assumere una postura di guardia dove il braccio armato risulta già non in asse rispetto ai bersagli da tutelare e quindi, in corrispondenza, anche da attaccare; in altre parole la parte all’interno della guardia è di gran lunga la più estesa rispetto al ferro posto in linea di guardia.

 

armainlineadiguardia

 

 

Terreno di gara
Gli schermitori si affrontano sulla pedana, un rettangolo dai lati piuttosto diseguali: 14 metri di lunghezza per 2 di larghezza.

In realtà è divenuto invece usuale, anche in occasione di gare ufficiali, l’utilizzo di pedane larghe solo un metro; in pratica un lungo corridoio dove spostarsi esclusivamente in avanti e all’indietro.

Il motivo storico che ha portato a questa particolare configurazione di terreno di gara è connesso alla possibilità di dirigere e di assegnare le stoccate in modo agevole.

Il giudizio su un colpo, come sappiamo, è composto da due ambiti: uno materiale ed uno formale.

Il primo s’incentra sulla materialità delle stoccate, ovvero la verifica se il colpo giunga o non giunga sul bersaglio, valido o non valido a seconda delle specialità; il secondo sulle sue modalità (prima dell’alt, dopo l’alt, secondo la ricostruzione convenzionale, …).

Inizialmente il problema fu risolto creando una giuria, i cui membri si spostavano, seguendo la dinamica dello scontro, lungo una direttrice fissa, come risulta dal disegno qui sotto (chi volesse approfondire il tema può rifarsi al mio scritto “La scherma ai miei tempi”).

Quattro giurati avevano il compito di osservare a coppia e in diagonale i colpi dei due schermitori e di esprimersi sulla loro validità, mentre un presidente di giuria, controllando comunque anche lui la materialità del colpo, aveva la specifica responsabilità della conduzione generale dell’incontro, quindi con tutto ciò che essa comporta (rispetto dell’ambito temporale e spaziale, ricostruzione dell’azione, assegnazione della stoccata…).

 

giurati

 

In seguito la tecnologia riuscì progressivamente (prima nella spada nel 1936, poi nel fioretto nel 1956, infine nella sciabola nel 1988) a sostituire i giurati e quindi a svolgerne, sicuramente in modo più obiettivo, la funzione.

Tuttavia permaneva l’esigenza della stessa configurazione del terreno di gara per la presenza del meccanismo dei due rulli a fine pedana e del tavolo che a metà pedana ospitava la macchina per la segnalazione automatica delle stoccate.

Oggi la tecnologia ha compiuto un ulteriore passo in avanti, permettendo, almeno nelle gare ufficiali più importanti, l’abolizione dei suddetti rulli: non più fili attaccati alla schiena degli schermitori, ma solo impulsi radio trasmessi direttamente al segnalatore.

Quindi, venendo meno qualsiasi orpello e vincolo di ordine fisico, per la configurazione del terreno di gara si dischiudono affascinanti e più realistici scenari: una pedana circolare dalle opportune dimensioni e magari due arbitri (come ad esempio nella pallacanestro) per una migliore prospettiva geometrica di giudizio.

Fanta – scherma? Forse! Ma tramite una maggiore libertà di movimento si restituirebbe una maggiore realtà allo scontro e sicuramente se ne aumenterebbe la spettacolarità.

In questa eventualità i risvolti tecnici non sarebbero di lieve impatto: si renderebbe necessaria una revisione dei trattati.

 

scherma-tonda

 

pedana circolare

 

A questo proposito, doverosa è una serie di considerazioni in relazione alle risicatissime caratteristiche geometriche dell’attuale terreno di gara in relazione alle posture, alle tecniche di spostamento ed ai colpi teorizzati dai trattati.

Dello scarto, a sinistra o a destra, abbiamo già detto in precedenza; la stessa esecuzione della frecciata obbliga di fatto ad uscire dalla pedana e quindi ad esporsi, in caso di mancata segnalazione della stoccata, ad un arretramento di un metro di penalizzazione.

Per non parlare poi del ricorrente pericolo che nella specialità della spada un colpo portato ai bersagli bassi possa finire per colpire il terreno esterno, adulterando la segnalazione.

Comprendiamo bene le motivazioni di natura economica che hanno ispirato questa contrazione del terreno di gara, ma, da tecnici, non possiamo non evidenziarne le evidenti ricadute tecniche.

Comunque incentriamo ora la nostra attenzione sull’effettiva geometria della pedana.

E’ lunga 14 metri ed è suddivisa in varie zone grazie alla presenza di segmenti perpendicolari ai due lati maggiori del rettangolo (talora presenti per intero con vernice metallizzata, talora solo accennati con pezzetti di nastro isolante sui suoi bordi o sui suoi lati esterni).

C’è una linea centrale, detta di mezzeria, che divide esattamente la pedana in due parti, ciascuna di 7 metri; ci sono due linee di messa in guardia poste ciascuna a 2 metri dalla mezzeria; ci sono infine due linee terminali poste a 5 metri dalla linea di messa in guardia e che rappresentano il limite finale dello spazio a disposizione dello schermitore, oltrepassando il quale con ambedue i piedi si è considerati come toccati.

 

pedana-particolare

 

I bordi laterali della pedana delimitano ovviamente il campo di gara a fianco dei due schermitori: ogni violazione, anche se involontaria, provoca come sanzione l’arretramento di un metro.

La linea di messa in guardia è utilizzata sia per l’esordio dell’incontro, sia per ogni fase successiva di ripartenza dopo l’assegnazione di una stoccata.

I limiti vanno intesi spazialmente non come proiezioni ortogonali delle linee di confine, bensì come superficie calpestabile.

Tanto per intendersi: non come nel calcio, dove la palla è considerata fuori campo o in rete quando la sua maggior superficie è al di là delle relative linee di confine, bensì come nella pallacanestro, dove la palla è considerata in gioco sino a quando non tocca terra o un giocatore che in contatto con il terreno esterno al campo di gioco, compresa la linea di confine.

Quindi uno schermitore proiettato ad esempio nello slancio di una frecciata oppure in un salto verso l’alto, finché, ricadendo, non tocca terra può tranquillamente lanciare il suo colpo valido sull’avversario.

 

 

L’offesa
Offendere è sinonimo di attaccare: si attacca quando si prende l’iniziativa di “muovere” verso il nemico.

E’ importante precisare subito che esistono molteplici tipologie d’attacco in riferimento a diverse catalogazioni di qualificazione.

 

Sunteggiando:

–          azioni semplici, in quanto si prefiggono di giungere a bersaglio senza entrare in

contatto relazionale con la difesa attuata col ferro da parte dell’avversario

–          azioni composte, in quanto invece presuppongono questo tipo d’intervento e quindi la necessaria relativa elusione di una o più sue parate

–          azioni di prima intenzione, quando l’attaccante (con o senza il ricorso alla finta) si

prefigge di sorpassare direttamente la linea difensiva dell’avversario

–          azioni di seconda intenzione, quando invece l’attaccante provoca artatamente una reazione difensiva da parte dell’avversario alla quale soggiacere per poi controbattere: ad esempio cadere di proposito su una parata dell’antagonista per poi controparare e rispondere

–          azioni a propria scelta di tempo, quando l’attaccante dà inizio alla propria determinazione su una configurazione sufficientemente costante nel tempo del braccio armato dell’avversario

–          azioni in tempo, quando invece si scatena l’attacco quando l’antagonista sta transitando con il proprio braccio armato da un atteggiamento ad un altro, mutando quindi la configurazione spaziale del proprio ferro

–          azioni di controtempo, quando la difesa dell’avversario si esprime con un’uscita in tempo, ovvero attaccando chi attacca.

Entrando nello specifico mondo delle azioni, nella fattispecie quelle di attacco, la geometria e la fisica si fanno soprattutto relazionali, ovvero non si soffermano più nell’elaborazione del sistema – schermitore, ma incentrano l’attenzione nei reciproci rapporti, effettivi o potenziali, che s’instaurano tra le lame dei due contendenti.

Nell’economia di questo lavoro presentano argomenti degni di nota soprattutto le azioni cosiddette semplici e quelle composte, ovvero quelle azioni che mettono, le prime, in stretta relazione un presupposto spaziale e la sua naturale risposta geometrica; le seconde, una premessa falsa e l’elusione di una procurata reazione.

Tutte le altre tipologie di azioni, chi in un’ottica (quella dell’istante dell’inizio dell’attacco), chi in un’altra (quella della gradazione dell’intenzionalità), chi in un’altra ancora (quella di una risposta specifica ad un proprio attacco), non fanno altro che ricalcare le geometrie, pur con diversa successione temporale e sfumatura tempistica, di quelle appartenenti alle due prime categorie; trattando dunque sulle prime, tratteremo quindi indirettamente tutte le altre.

 

 

Azioni di offesa semplici
Sono quelle azioni che, basandosi sulla sorpresa, si prefiggono di giungere a bersaglio senza che l’avversario riesca ad abbozzare una qualche reazione difensiva.

In altre parole l’impalcatura concettuale del colpo risiede nel tentare di precedere la piena realizzazione del processo percettivo-esecutivo di chi subisce l’attacco.

In questo tipo di azioni il successo è largamente affidato alla velocità di esecuzione che, naturalmente, non va considerata in termini assoluti, ma va necessariamente messa in relazione alla corrispondente capacità dell’avversario.

A implementare il felice esito della determinazione d’attacco intervengono indubbiamente anche altri fattori come la cosiddetta scelta di tempo e la capacità prodromica all’attacco stesso di riuscire a rubare misura.

Comunque, sempre in relazione alla velocità di esecuzione, risulta fondamentale l’economia geometrica del colpo, intesa come scelta dell’ideale punto spaziale di partenza (quello più prossimo al bersaglio) e come scelta della traiettoria spaziale più corta.

La natura dell’azione ovviamente condiziona in modo diretto la componente tecnica dei colpi, che in ossequio all’esigenza dei tempi esecutivi stringati, è conseguentemente e necessariamente ridotta ai minimi termini.

La configurazione geometrica degli stessi colpi è generata dalla geometria spaziale realizzata in un determinato istante dell’assalto dall’avversario: la tecnica d’attacco, come in un gioco di puzzle, deve adattarsi all’atteggiamento tenuto dall’avversario con il proprio braccio armato.

Esaminiamone qui di seguito le varie tipologie possibili.

 

 

 

Il colpo dritto
La stessa denominazione suggerisce l’essenziale geometria del colpo: esso è tirato direttamente con traiettoria pressoché rettilinea.

L’azione consiste semplicemente nell’andare a toccare il bersaglio con la sola distensione del braccio armato in caso di stretta misura, con l’esecuzione dell’affondo in caso di giusta misura (in questo caso l’azione prende il nome di botta dritta), con l’esecuzione del passo avanti affondo o con la frecciata nel caso di lunga misura.

Giusto prodromo geometrico necessario per poter effettuare un tale tipo di colpo è una scopertura (anche solo parziale) concessa dall’avversario, sia volontariamente (come abbiamo già visto in questo caso l’atteggiamento antagonista si denomina invito), sia involontariamente dovuta ad incuria o errore.

 

colpofritto

 

 

 

La cavazione
 

In questo caso la situazione geometrica è caratterizzata dal fatto che l’avversario è riuscito con il proprio ferro ad entrare in contatto con il nostro, instaurando un rapporto stabile e vantaggioso a suo favore.

In altre parole ha intercettato la nostra lama e, deviandola dalla linea, ha reso inoffensiva la sua minaccia, trascinandola al di fuori della direttrice dei quattro bersagli.

Abbiamo già osservato in precedenza che, se il legamento dell’avversario è eseguito secondo i canoni, ovvero con il vantaggio dei gradi della lama a suo favore, chi è soggetto al legamento stesso, al fine di liberare il proprio ferro, non ha a sua disposizione che due percorsi geometrici: arretrare, sottraendo la lama al dominio per effetto della distanza, oppure eseguire uno svincolo, riportando il ferro sulla linea di offesa.

Tra l’altro in questa seconda ipotesi la strada per il bersaglio risulta spianata, in quanto il ferro avversario, proprio per poter effettuare il legamento originario, si è dovuto trasferire verso la periferia del proprio corpo.

La teoria schermistica, su questa configurazione spaziale, costruisce la cavazione, che consiste nel liberarsi dalla morsa del ferro avversario, nel riconquistare l’idonea linea e finalmente nel vibrare il colpo sul bersaglio lasciato scoperto dal legamento avversario.

Il percorso geometrico di attuazione mira, com’è consuetudine ed ossessione della tecnica schermistica, all’ottimizzazione del gesto in termini di spazio-tempo; per cui lo svincolo e l’avvicinamento al bersaglio non sono teorizzati come due istanti distinti del colpo, come un profano potrebbe pensare: movimento semicircolare descritto dalla propria punta per svincolarsi dal legamento e successiva traiettoria rettilinea per giungere a bersaglio.

 

cavazione

 

 

Invece unica traiettoria spirale in avanti, almeno sino alla completa distensione del braccio per poi utilizzare l’allungo prodotto dalle gambe: la punta in effetti percorre l’ipotetica ipotenusa dell’ideale triangolo avente come cateti il diametro del cerchio descritto per effettuare lo svincolo e la residua distanza per giungere a bersaglio.

 

 

 

 

la traiettoria maggiormente in   economia

è quella a tratto continuo

cavazione-triangolo

 

 

Battuta e colpo
 

La lama dell’attaccante diventa protagonista attiva e dinamica della meccanica del colpo: essa va a percuotere la corrispondente lama dell’avversario al fine di deviarla dalla linea d’offesa ed ottenere quindi un’opportunità di passaggio geometrico nella difesa antagonista.

In effetti lo scopo dell’urto è quello di scoprire uno specifico bersaglio nemico sul quale poter indirizzare velocemente il colpo, anticipando la reazione di ritorno del ferro.

Specifichiamo il verso delle percussioni.

In caso di schermitori con la stessa mano: sulla linea orizzontale (terza – quarta) risulta raggiungibile il bersaglio corrispondente (battuta all’interno = bersaglio antagonista interno e battuta all’esterno = bersaglio antagonista esterno) – sulla linea trasversale (prima – seconda) il bersaglio opposto (battuta in su = bersaglio antagonista sotto e battuta in giù = bersaglio antagonista sopra).

Invece in caso di schermitori di diversa mano: sulla linea orizzontale risulta raggiungibile il bersaglio opposto (battuta all’interno = bersaglio antagonista esterno e battuta all’esterno = bersaglio antagonista interno) – sulla linea trasversale il bersaglio opposto (battuta in su = bersaglio antagonista sotto e battuta in giù = bersaglio antagonista sopra).

 

battutaecolpo

 

Due ordini di fattori interessano direttamente l’ottica della nostra indagine: il luogo sul quale generare l’urto e la quantità di energia da applicare.

Per quel che riguarda il primo punto, è subito da scartare l’ipotesi di avvalersi degli stessi principi applicabili al legamento: in effetti il rapporto tra i ferri non è tendenzialmente stabile, ma al contrario si risolve per definizione in un rapidissimo contatto.

Quell’ottimale contatto tra il forte della propria lama e il debole di quella dell’avversario diventa nel caso della battuta tra parte terminale del proprio forte e parte terminale del medio dell’antagonista.

In effetti l’applicazione della forza prodotta dalla percussione per produrre il migliore effetto di trasmissione di energia nella stessa direzione deve incontrare un certo tipo di resistenza da parte del corpo che subisce la spinta.

Passando ad esaminare la quantità di energia da applicare, è subito necessario osservare che l’urto deve essere di misurata violenza: in effetti maggiore è la forza applicata più dirompente può risultare l’impatto, ma a prezzo anche di perdere maggiormente il controllo della propria arma e conseguentemente di poterla riallineare in tempi più lunghi, ritardando quindi l’inizio dell’allungo e quindi del colpo finale.

Quindi per produrre il migliore effetto la battuta deve essere secca e rapida.

In relazione alla postura d’origine del ferro che produce la battuta, ribadiamo che essa può essere effettuata sia dal proprio ferro in linea di guardia, sia da un proprio legamento, andando in quest’ultimo caso a produrre ovviamente un allontanamento maggiore.

A proposito della direzione spaziale dell’urto è necessario fare una distinzione tra le battute semplici che vanno ad impattare il ferro avversario percorrendo il tragitto lineare più breve che le separa e le battute di contro che prima di produrre l’urto trasferiscono la lama dalla parte opposta a quella in cui si trovano in origine.

 

battutasemplicontro

 

Per quanto riguarda la modalità di contatto tra le lame, oltre quello di brevissima durata (in pratica un urto) già citato, esiste anche quello consistente nell’esercitare progressivamente una viva pressione (battuta di potenza o sforzo), ma di questo tratteremo a proposito delle azioni ausiliarie.

Da non sottovalutare infine anche una considerazione relativa alla Convenzione schermistica: nel fioretto e nella sciabola l’effettuazione di una battuta prima dell’attacco conferisce all’esecutore la priorità nella ricostruzione per l’attribuzione del colpo.

In queste specialità la battuta quindi affianca al suo effetto di ordine fisico quello di valenza convenzionale; differentemente nella spada, dove la battuta serve solo e soltanto a procurarsi un varco geometrico nella difesa dell’avversario.

 

 

 

Il filo
 

Si tratta dell’ultima azione di attacco semplice contemplata dai trattati; essa, per la sua realizzazione, presuppone un primitivo stabile contatto di dominio di una lama sull’altra. In altre parole può effettuare tale colpo solo colui che ha instaurato un corretto legamento sul ferro avversario.

A questo proposito, se il legamento è già in essere l’azione di filo consterà di un solo tempo tecnico; se invece il filo dovrà prima essere effettuato, i tempi tecnici saranno due, cioè quello relativo alla presa di ferro e quello propriamente del filo.

La caratteristica esecutiva di questo tipo di azione risiede nel fatto che il contatto tra le lame non dovrà mai venir meno dall’inizio del colpo al raggiungimento del bersaglio a cura della punta: il ferro avversario dovrà fisicamente costituire un appoggio e una guida durante tutto il tragitto della misura.

La meccanica del colpo s’impernia su un’idonea opposizione di pugno formata in corrispondenza della lama avversaria: spostando progressivamente sulla linea d’attacco l’angolo formato dall’arma e dal braccio armato si produce l’effetto di ottenere un graduale spostamento all’infuori del ferro antagonista, sul quale sino all’espletamento del colpo viene riaffermato il dominio fisico di partenza.

Per quanto riguarda la nomenclatura, i fili assumono il nome del legamento dal quale hanno origine.

Una precisazione circa la dizione presa di ferro e filo: tale colpo è configurato quando, trovandosi a ferro libero (ovviamente a misura camminando dall’avversario) e congetturando di eseguire un filo in opposizione al suo ferro in linea, si effettua il legamento in concomitanza del passo avanti per poi effettuare il filo andando in affondo.; oppure, per converso, quando su un attacco camminando dell’antagonista s’instaura un legamento sul suo ferro che sta avanzando linearmente nello spazio.

Dal punto di vista applicativo, la scelta tra l’effettuazione di un attacco tramite una battuta o un filo, oltre che essere lasciata alla libera interpretazione dello schermitore, risulta anche vincolata, se di caso, da considerazioni di ordine fisico: in effetti quando l’arma avversaria è tenuta in linea normalmente, cioè con ordinaria energia, si può indifferentemente farla oggetto di entrambe le meccaniche d’attacco; se invece il ferro avversario è tenuto in linea rigidamente, ossia con applicazione di una soverchia energia muscolare, è senz’altro da preferirsi l’azione di filo, che sfrutta maggiormente il principio della divergenza.

Un’altra considerazione, valida peraltro anche per le battute, può essere fatta circa la scelta del tipo direzionale d’intervento da effettuare in relazione alla postura spaziale con la quale l’avversario concede il suo ferro; in altre parole la geometria spaziale dell’uno influenza direttamente quella dell’altro.

In effetti il filo di prima e di seconda sono di più agevole esecuzione quando l’arma dell’avversario è tenuta con la punta più bassa del pugno, mentre quello di terza e di quarta quando la punta risulta più alta del pugno.

A chiusura del capitolo due stoccate particolari: i fili preceduti da trasporto.

La meccanica di tali colpi si basa sulla rapida successione nel tempo di due legamenti di diverso tipo, prima dell’effettuazione del filo stesso: lo scopo è quello di avviluppare fisicamente il ferro avversario per impedirgli qualsiasi tipo di reazione, di svincolo o di resistenza. Invero il secondo legamento come posizione spaniel è solo accennato in quanto il movimento verso il bersaglio antagonista è caratterizzato da una progressiva traiettoria a spirale.

Abbiamo la fianconata interna (impropriamente detta filo di quarta falso), quando, partendo dal legamento di terza, si trasporta la lama dell’avversario da destra verso sinistra in senso spirale con graduale e completa distensione del braccio, dirigendo la punta della propria lama in direzione del bersaglio interno basso antagonista.

 

fianconata-interna

 

Abbiamo la fianconata di seconda (ottava), quando partendo dal legamento di quarta, si trasporta la lama dell’avversario da sinistra in basso a destra in senso spirale con graduale e completa distensione del braccio, dirigendo la punta della propria lama in direzione del fianco antagonista.

 

fianconata-esterna

 

 

La difesa
Per difesa s’intende la reazione alla determinazione d’attacco dell’avversario; tale reazione che ha due scopi: uno immediato ed essenziale, cioè evitare la stoccata antagonista, uno successivo ed eventuale (ma, come si dice, ogni reazione è persa!), che consiste nel rispondere adeguatamente all’attacco stesso, approfittando della situazione che si è venuta delineando per colpire di rimando l’avversario.

Tre sono le tecniche (anche in forma mista) che lo schermitore ha a disposizione per non farsi raggiungere dal colpo nemico: arretrare, parare, uscire in tempo.

Filtriamo queste opportunità con l’ottica particolare che ci siamo imposti in questo lavoro.

 

 

 

La difesa di misura
Arretrare, cioè portarsi fuori della gittata che l’avversario è in grado di produrre avanzando.

In quest’attività confluiscono vari elementi: una vigile attenzione, una vera e propria appercezione degli accadimenti di pedana, una postura di guardia e una forza muscolare tali da garantire un rapidissimo arretramento; tutto cioè in funzione di riuscire a mantenere una minima misura essenziale.

Utilizzando la misura è quindi possibile difendersi o quantomeno facilitarne la relativa attività: l’attacco in effetti può essere paragonato geometricamente alla parabola della gittata di una palla sparata da un cannone o, se preferite, di una freccia scoccata da un arco.

Inizialmente il proiettile esprime una crescente energia, ma, giunto al suo apice, perde forza e successivamente inizia a declinare verso il basso sino ad esaurire completamente la sua spinta.

In effetti basta, si fa così per dire, un millimetro e sei salvo, fuori della sua portata.

In altre parole risulta decisivo lavorare sulla geometria della misura: raffigurando quest’ultima con il solito segmento, è necessario, arretrando, riuscire a compensare spazialmente da un estremo la progressiva erosione che l’avversario tenta di produrre dall’altro.

 

difesadimisura

 

 

Le parate
La seconda tecnica difensiva consiste nel parare, ovvero nell’utilizzare la propria lama per deviare il colpo dell’avversario che sta per giungere sul bersaglio.

In questa prospettiva si evidenzino due problematiche: la prima relativa a come riuscire ad intercettare il ferro che sta portando il suo attacco ed una seconda riguardante il contatto specifico tra le lame.

Circa la prima si tratta di realizzare un punto d’incidenza tra il piano dove si sta spostando il ferro avversario ed il piano dove giace la nostra arma.

In funzione della traiettoria geometrica fatta descrivere dalla nostra lama per intercettare quella antagonista, si differenziano quattro modalità di parata: quella semplice, quella di contro, quella di mezza contro e quella di ceduta.

Si para semplice quando la propria lama va direttamente verso la sopravveniente stoccata antagonista percorrendo la minor traiettoria spaziale possibile.

Per aumentare le probabilità d’incidenza tra i piani in cui le due lame giacciono è giocoforza creare un idoneo angolo tra di essi.

I limiti di tale angolo sono il loro parallelismo, che non produrrebbe alcun intercettamento, e la perpendicolarità, che invece ne garantirebbe la realizzazione al 100%; in effetti bastano solo alcuni gradi è le probabilità d’intersezione sono già più che soddisfacenti.

A questo proposito è bene osservare che nelle parate di prima (o di settima) e di seconda (o di ottava) tale angolo si genera spontaneamente in virtù del rapporto spaziale che si viene necessariamente a determinare tra linea d’attacco dell’avversario e relativa postura del braccio armato atta ad intercettarla.

Invece nelle altre due parate (quella di terza e quella di quarta), giacendo la linea d’attacco su un piano pressoché parallelo a quello dell’arma in linea di guardia, i trattati consigliano di conseguenza di innalzare leggermente la punta al fine appunto di garantire al ferro che difende una maggiore probabilità d’intercettare quello che avanza per vibrare il colpo.

La seconda tipologia di parata è quella cosiddetta di contro.

In questo caso il contatto tra le lame è garantito dalla realizzazione di un cono spaziale realizzato da quella che difende attorno a quella che attacca: tutto ciò che nell’istante dell’effettuazione della parata giace in questa porzione spaziale viene necessariamente intercettato e deviato verso la direzione finale del gesto.

Gli elementi del cono descritto sono: il polso del braccio armato che ne costituisce il vertice ed il cerchio descritto dalla punta che ne costituisce la base.

 

cono-della-circolata

 

 

Come abbiamo già accennato nel capitolo dedicato alle traiettorie, la direzione del movimento può essere oraria o antioraria.

 

circolate

 

E’ doveroso specificare che, da un’ottica relativa alla geometria dei bersagli, mentre la parata semplice devia il colpo all’infuori del bersaglio originario, quella di contro lo devia al di fuori di quello opposto; in altre parole nelle parate di contro si sposta la linea d’attacco, realizzata dall’avversario su una certa direzione, sulla direzione completamente opposta, disorientandone quindi l’allocazione spaziale in relazione all’esordio di azione.

 

 

esempio: parata semplice di quarta:

la linea resta interna

 

parata-di-tasto-di-quarta-particolare

 

esempio: parata di contro di terza:

la linea diventa esterna

 

contro-di-terza-particolare

 

 

Corre l’obbligo di specificare che la parata di contro, in termini storici di ideazione più recente rispetto a quella semplice, rappresenta un motivo di fondamentale importanza per l’evoluzione della tecnica schermistica: in virtù delle diverse ed opposte traiettorie spaziali compiute dal ferro che difende, doverosamente distinti e differenti sono i susseguenti movimenti elusori.

In effetti per eludere una parata semplice è necessario, tramite un movimento semicircolare della punta, far sfilare il proprio ferro (180°), a seconda dei casi, al di sotto o al di sopra di quello antagonista.

Differentemente per sfuggire ad una parata di contro è necessario anticipare il movimento dell’avversario di 360°, in senso orario o antiorario, a seconda dei casi che abbiamo appena elencato poco sopra.

Passando ora ad esaminare il tipo di contatto che si deve instaurare tra lama che para e lama che vibra il colpo, ritorniano a citare le leggi della leva sulle quali ci siamo intrattenuti nelle pagine precedenti: le parate vanno eseguite con il grado forte della propria lama, che deve intercettare le parti più deboli di quella antagonista che sta portando la stoccata.

La miglior cattura del ferro avviene comunque tramite il coacervo tra lama e coccia: la parte apicale dell’angolo formato da questi due segmenti dell’arma imprigiona letteralmente il ferro antagonista.

 

legamentobuono
Continuando nel nostro excursus sulla tipologia delle parate, dobbiamo ora intrattenerci sulle cosiddette parate di mezza contro, così denominate in funzione del fatto che, pur non descrivendo la lama che difende un cerchio completo nello spazio, tuttavia chi è intenzionato a perseguire la sua elusione è tenuto a compiere con il proprio ferro un movimento circolare completo di svincolo.

I trattati di scherma individuano due situazioni di questo tipo: il passaggio dalla parata (invito o legamento) di seconda alla parata di quarta e il passaggio dalla parata (invito o legamento) di terza alla parata di prima.

 

 

numeri

 

In effetti in questi casi il particolare rapporto d’incidenza tra posture spaziali di partenza e linee d’attacco costringe chi produce l’attacco con finta a percorrere un tragitto più lungo rispetto a quello prodotto da chi si difende.

Siamo pervenuti infine alle parate di ceduta, quelle che si possono eseguire per il loro particolare meccanismo solo in contrapposizione a determinate azioni di filo eseguite dall’avversario.

I trattati ne contemplano due tipologie: ceduta di quarta e ceduta di terza.

La prima si effettua per neutralizzare il filo di seconda effettuato dall’antagonista, l’altra una sua fianconata interna, cioè il particolare filo che nascendo dal suo legamento di terza e spostandosi in senso spirale da destra a sinistra si propone di colpire il bersaglio interno basso.

Dal punto di vista del nostro lavoro molto interessante è il meccanismo di forze di ordine fisico che entrano in gioco in questa particolare tipologia di parate.

Il filo avversario, per potersi sviluppare, come sappiamo deve aver instaurato un rapporto vantaggioso sul ferro dell’attaccato; tuttavia, mano a mano che la lama scivola sull’altra, avviene progressivamente un ribaltamento tra le loro reciproche zone di potenzialità fisica: in effetti il grado forte dell’esordio, in prossimità del bersaglio, si viene a configurare come grado debole (appunto sul grado forte dell’attaccato).

A questo punto, approfittando della particolarissima situazione geometrica di rapporto tra le lame, con un’appropriata opposizione del pugno, si riesce a ribaltare i rapporti di forza: l’angolo devia all’esterno del bersaglio il colpo dell’attaccante, mentre la punta già opportunamente indirizzata sul bersaglio favorisce una veloce risposta.

In calce al capitolo diamo alcuni cenni, pur in breve, per quanto riguarda la tempistica delle parate.

La loro velocità esecutiva è diretta funzione della velocità dell’attacco: ad un attacco fulmineo si dovrà cercare di opporre una parata altrettanto veloce, invece un attacco lento andrà aspettato al varco con pazienza.

Il tempo esecutivo di una parata, da un punto di vista geometrico, è suggerito da un fattore puramente spaziale: la difesa col ferro va attuata solo quando il colpo è prossimo al bersaglio da tutelare.

In effetti più si anticipa il tentativo d’intercettare la lama antagonista quando ancora è lontana, tanto più si può cadere nell’illusione di un’eventuale finta perpetrata subdolamente dall’avversario.

Sotto questo aspetto le parate di ceduta rappresentano un esempio emblematico: se il difensore attua il meccanismo di ceduta del polso prima dell’istante finale dell’attacco dell’avversario, l’impalcatura tecnica del colpo difensivo non solo non si attua, ma spalanca geometricamente di fatto il bersaglio all’antagonista.

Come ho già ripetuto in altri capitoli, chi volesse approfondire ulteriormente questo aspetto temporale della tecnica schermistica può consultare il mio lavoro “Lo spazio ed il tempo nell’assalto di scherma”.

 

 

 

La risposta
Una volta neutralizzato l’attacco avversario tramite una parata, la configurazione spaziale assunta dai due schermitori mette a disposizione del difensore la risposta, ovvero la reazione all’azione subita: in effetti per sviluppare la sua determinazione l’antagonista si è avvicinato a tal punto da poter essere in genere facilmente raggiunto dalla distensione del braccio armato del difensore.

Le tipologie delle risposte possono essere varie: semplici (se eseguite sull’avversario direttamente), di finta (se precedute appunto da una finta), di filo (se attuate tramite l’esecuzione della tecnica del filo).

Una precisazione è dovuta alla specialità della spada, dove la meccanica dei colpi deve sempre ossequiare, almeno teoricamente e tendenzialmente, il principio sovrano dell’anticipo del proprio colpo rispetto a quello dell’avversario.

La teoria schermistica contempla per la risposta, come abbiamo ricordato poco sopra, la possibilità di essere effettuata tramite il filo, ovvero a stretto contatto con il ferro nemico garantendosi al contempo la linea di offesa.

Dalla normale postura di parata, come del resto dal legamento ordinario nel caso di azione d’offesa, prima di poter effettuare il filo è necessario modificare la direzione della punta, eseguendo un’adeguata opposizione di pugno.

Al fine di evitare questo ulteriore passaggio e di risparmiare quindi un cosiddetto tempo schermistico, la teoria relativa alla spada congettura di effettuare la parata già con la surricordata opposizione di pugno e di spostare pur leggermente in avanti il sito spaziale della difesa col ferro per guadagnare altresì tempo nella sua esecuzione.

 

secondinumeri

 

 

Le uscite in tempo
Se raffiguriamo lo schermitore in guardia come un sistema chiuso per necessità difensive (perché no, come un castello), ben si comprende la definizione di uscita in tempo, quale ulteriore strumento alternativo per neutralizzare un attacco dell’avversario.

In questo caso l’attaccato non si arrocca in difesa, ma si parte diligente per sfruttare a suo vantaggio l’iniziativa dell’avversario: in pratica, se viene perdonato il bisticcio di parole, si attacca l’attacco.

Come tutte le azioni difensive, le uscite in tempo sono delle risposte particolari a particolari tipi d’attacco: esse si adeguano conseguentemente e doverosamente a particolari linee, a singole iniziative del ferro avversario e ovviamente alla loro relativa tempistica.

Comunque il concetto che sta alla base delle uscite in tempo è quello giocare di anticipo: non per nulla, mentre nelle altre forme difensive è previsto l’arretramento per cercare almeno di smorzare l’impeto dell’attacco, le uscite in tempo, per lo più, si basano sull’andare letteralmente incontro al colpo dell’avversario.

 

usciteintempo

 

In effetti lo spostamento in avanti prodotto da colui che attua l’uscita in tempo va a sommarsi a quello prodotto da colui che attacca e quindi i tempi d’impatto del colpo vengono drasticamente ridotti.

Tutto ciò premesso, passiamo ora ad esaminare quelle uscite in tempo sulle quali è possibile fare alcune specifiche considerazioni sotto la nostra particolare ottica d’indagine.

 

 

Colpo d’arresto

E’ la stessa denominazione di questa uscita in tempo ad evocare il meccanismo che sta alla base del colpo: un anticipo di tale portata da impedire addirittura che l’avversario possa portare a compimento il suo attacco.

I connotati della stoccata sono indubbiamente di carattere squisitamente temporale ed in effetti il colpo deve letteralmente stoppare quello dell’avversario.

Ma cerchiamo di andare più a fondo nell’analisi per evidenziare con estrema chiarezza cosa permette in realtà di realizzare questo anticipo temporale.

A questo proposito, visto la presenza di armi regolate da norme convenzionali, s’impone una bipartizione.

Per ciò che concerne il fioretto e la sciabola, ricordato che sulle azioni di attacco semplice non è ammesso per Regolamento il colpo d’arresto, anticipare l’avversario assume il significato di precedere di almeno un tempo schermistico l’attacco composto antagonista.

In altre parole il colpo d’arresto è teorizzabile (e quindi eseguibile) solo su un’azione in cui l’antagonista esegue una finta: per ognuna di queste è concesso al difensore di uscire in tempo, quindi in primo tempo, secondo tempo e, almeno teoricamente, così via.

Tuttavia il colpo d’arresto deve effettivamente stoppare l’azione d’attacco dell’avversario, non concedendo alla sua punta di arrivare a destinazione.

Quindi in questi caso non è solo un fattore temporale in sé e per sé, ma tale da non far concludere lo svolgimento completo dell’azione antagonista.

In effetti per uscire indenni dalla stoccata dell’avversario nel colpo d’arresto, il proprio ferro può giocare un ruolo fondamentale andando a frapporsi geometricamente alla traiettoria di finta dell’antagonista, impedendo così fisicamente il suo passaggio da una posizione spaziale all’altra.

Di tutt’altro contenuto è invece il colpo d’arresto nella specialità della spada: come ben sappiamo la semplice precedenza temporale del colpo inibisce la possibilità di segnalazione da parte della stoccata dell’avversario.

Anche in questo caso, direi soprattutto in questo caso, è doveroso sottolineare che l’ambito riferito al tempo è solo quello attuativo, mentre quello di riferimento sostanziale resta, ancora una volta, quello spaziale.

In altre parole è la traiettoria geometrica del colpo, dal suo nascere al raggiungimento del bersaglio, che determina in concreto la conquista della stoccata: sarà la linea d’attacco più diretta, sarà il bersaglio più avanzato, sarà la maggiore espressività del colpo a far sì che uno dei due contendenti tocchi per primo (o in contemporanea con il cosiddetto colpo doppio).

In conformità alle specifiche regole di combattimento, svincolato inoltre dalla tipologia d’attacco attuata dall’avversario, il colpo d’arresto  ha quindi nella spada grandi opportunità di applicazione.

La geometria del colpo è drasticamente disarmante: mentre la punta (o la lama) dell’avversario che attacca ricama traiettorie più o meno complesse nello spazio al fine magari di attirare il ferro antagonista lontano dal bersaglio su cui ha ideato di tirare il colpo finale, è possibile con una semplice traiettoria rettilinea andare letteralmente ad arrestare lo sviluppo dell’azione antagonista.

 

 

Lo svincolo in tempo
Un’altra tipologia di uscita in tempo si basa sul tentativo di ricerca del ferro attuata nei nostri confronti da parte dell’avversario.

La sua lama, cercando d’intercettare la nostra, migra verso la periferia, lasciando scoperto nel movimento un suo bersaglio.

La meccanica del colpo si basa quindi sull’elusione della ricerca del ferro e sul conseguente colpo indirizzato al bersaglio che risulta incustodito.

Siccome due sono le modalità tramite le quali si può ricercare il ferro, due sono le modalità dello svincolo in tempo.

Se l’avversario attua un movimento semplice, quindi direttamente verso il nostro ferro, sarà necessario effettuare una cavazione in tempo; se invece attua un movimento circolare di contro (avvitandosi sulla sua stessa posizione), sarà necessario effettuare una circolata in tempo (vedi il capitolo dedicato alle parate).

Esaminiamo in dettaglio le due diverse situazioni geometriche che si vengono a delineare.

Nel caso in cui il ferro avversario si sposti verso la nostra lama, necessariamente lascia incustodito il bersaglio opposto alla direzione del movimento; quindi è lì che si dovrà indirizzare il colpo dopo aver fatto sfilare tramite la cavazione il ferro dell’avversario.

Invece nel caso in cui quest’ultimo effettui la ricerca del ferro tramite un movimento di contro, lascerà scoperto il bersaglio di partenza, sul quale quindi, dopo aver effettuato la circolata elusoria, si potrà liberamente vibrare il colpo.

 

 

Inquartata e passata sotto
Queste due uscite in tempo sono entrambe basate su un unico concetto geometrico, quello della schivata.

Schivare, anche nel linguaggio comune, significa evitare un colpo con un brusco scarto o un rapido spostamento.

Ebbene alla traiettoria rettilinea dell’attacco, quella del bersaglio interno nell’inquartata e quella del bersaglio sopra nella passata sotto, viene sottratta con tempismo la meta e di conseguenza il colpo si perde nel vuoto; nel mentre la punta dell’attaccato, appositamente slanciata in avanti, va ad impattare il corpo dell’attaccante soprattutto per effetto dello suo stesso spostamento.

 

inquartata-2passata-sotto

inquartata                                                               passata sotto

 

Una geometria quindi essenziale, che beffa letteralmente l’attaccante, sfruttando appieno la dinamica attuata dal suo stesso attacco.

 

 

La contrazione
Il meccanismo di questa uscita in tempo è basato sul concetto di andare incontro al colpo dell’avversario, occupando spazialmente la sua traiettoria.

In effetti, creando artatamente un idoneo angolo al polso in corrispondenza della sopravveniente stoccata antagonista, si ottiene, grazie al concetto fisico di divergenza, di non essere toccati e di raggiungere il bersaglio nemico.

In buona sostanza avviene che il difensore interviene attivamente sulla linea d’attacco dell’antagonista, andandogli per di più spazialmente incontro per sommare la propria velocità a quella di quest’ultimo: la lama nemica, man mano che avanza, viene spostata all’esterno del bersaglio, mentre la punta dell’attaccato, appositamente indirizzata, va ad impattare il suo bersaglio; il ferro antagonista viene in pratica dirottato su una linea divergente che lo porta sempre più lontano dalla prevista meta.

 

contrazione

 

 

Le azioni composte
Quando, attaccando, si mette in preventivo di aggirare almeno una parata dell’avversario, stiamo realizzando un attacco composto.

Elementi indispensabili del colpo sono la finta, l’elusione della o delle parate e, ovviamente, il colpo finale.

La finta è la simulazione del colpo, che quindi viene solo accennato, ma non eseguito.

Ovviamente per sortire l’effetto desiderato, cioè lo spostamento della lama dell’avversario, la finta deve essere verace, ovvero realizzata nel modo più realistico possibile.

Nel meccanismo della produzione della finta entrano in gioco due tipi di spostamento spaziale, quello dell’intero corpo e quello del braccio armato.

Indubbiamente l’avvicinamento dell’intera massa corporea è quello più appariscente, ma determinante risulta quello della lama: in effetti è l’approssimarsi del ferro al bersaglio a scatenare l’istinto della parata.

Comunque lo sviluppo della finta è ovviamente in diretto rapporto spaziale con la misura: a giusta misura sarà sufficiente solo quella perpetrata dal braccio, mentre a lunga misura dovrà anche intervenire un maggiore spostamento in avanti prodotto dal passo o dal balzo.

Una considerazione geometrica sull’esecuzione della finta: un braccio completamente disteso non solo produce una finta qualitativamente superiore, ma avvicina quanto più è possibile in esordio di azione la propria punta (o lama) al futuro bersaglio.

Nelle armi convenzionali la naturale distensione dell’arto armato è addirittura richiesta come conditio sine qua non per ottenere la priorità convenzionale! Mentre nella specialità della spada, come abbiamo già più volte ricordato, l’espressività del braccio ossequia nel migliore dei modi l’unica regola di combattimento, cioè l’anticipo temporale del colpo.

D’altra parte, sempre parlando della completa distensione del braccio, chi idea di produrre una finta non può poi temere la parata, che è proprio la risposta sulla quale deve costruire il colpo.

Il secondo elemento indispensabile per sviluppare un’azione composta è l’elusione della parata dell’avversario, appunto sollecitata e provocata dalla finta.

A questo proposito esiste un rapporto tra genere della finta e genere del meccanismo atto ad eludere la parata eseguita dall’antagonista.

Esaminiamo in dettaglio le singole evoluzioni spaziali.

Nel caso dell’attuazione di una parata semplice si tratta di evitare il contatto passando dall’altra parte (a sinistra, a destra, sotto o sopra) rispetto alla direzione dello spostamento della lama che sta sopravvenendo: in effetti un movimento semicircolare fatto descrivere alla propria punta in senso inverso a quello del ferro nemico nel preciso istante antecedente l’impatto, sorte l’effetto di far sfilare il ferro avversario, frustrando le sue intenzioni d’intercettamento.

La relazione tra bersaglio fintato e bersaglio su cui finisce il colpo è geometricamente inversa.

Ad esempio: finta all’interno e colpo all’esterno (in effetti si fa compiere alla punta una traslazione spaziale di 180°).

 

direzione della cavazione               cavazione-particolare

 

direzione della parata

 

 

Diversamente, nel caso di una parata di contro, il ferro non scansa quello nemico, ma, al momento opportuno, lo anticipa, descrivendo nello spazio una traiettoria circolare; per la specularità esistente tra i due contendenti il moto apparirà orario ad uno e antiorario all’altro o viceversa.

La relazione tra bersaglio fintato e bersaglio su cui finisce il colpo è geometricamente identica.

Ad esempio: finta all’interno e colpo all’interno; la parata di contro di terza attuata dall’avversario sarà per lui orientata in senso orario, mentre la circolata di elusione sarà orientata in senso antiorario per chi la effettua.

 

 

 

direzione della parata e della circolata                          circolata-particolare

 

Dobbiamo alla teorizzazione di queste due parate la presenza dell’alea in ogni azione d’attacco sviluppata dallo schermitore: in effetti l’attaccante non possiede mai la certezza assoluta delle modalità difensive dell’antagonista, pur potendo confidare in una sua conoscenza pregressa o in una proficua attività di scandaglio.

L’ultimo elemento delle azioni composte è il colpo finale: l’attaccante, dopo essere riuscito ad ingannare il ferro avversario, deve far poi percorrere alla propria punta e/o alla propria lama l’ultimo tratto residuo di misura per giungere finalmente sull’agognato bersaglio.

A questo proposito un fondamentale principio esecutivo da rispettare è quello di conservare intatte le proprie potenzialità fisiche sino al termine completo della fase di finta: ogni interessamento prematuro degli arti inferiori non solo andrebbe ad inficiare progressivamente la qualità esecutiva della finta stessa, ma sottrarrebbe efficacia al gesto finale di accostamento all’avversario.

Tornando alla simulazione del colpo e prendendo in considerazione una sua reiterazione nell’ambito della stessa azione, è opportuno osservare che tutti i trattati si fermano alla teorizzazione della doppia finta: in effetti più finte si fanno, più si rimanda l’esecuzione finale del colpo, offrendo progressivamente all’avversario sempre maggiori opportunità di anticipare quest’ultimo con un colpo d’arresto.

Incentriamo ora la nostra attenzione sulla composizione tecnica di una doppia finta: siccome la tipologia delle parate è duplice, parata semplice e parata di contro (quelle di mezza contro e di ceduta a parte), una successione di due di esse configura quattro teoriche possibilità: due parate semplici, due di contro, una semplice seguita da una di contro e una di contro seguita da una semplice.

In quanto tutti i colpi d’attacco semplice possono essere fintati, di conseguenza sussistono: in opposizione ad una sola parata, la finta dritta, la finta di cavazione, la battuta e finta e la finta del filo; in opposizione a due parate, la doppia finta dritta, la finta di cavazione e cavazione, la battuta e doppia finta e la doppia finta del filo.

Al giorno d’oggi la scherma si è, ormai da decenni, atleticizzata in modo esponenziale: le prestazioni dello spostamento corporeo hanno preso sempre più il sopravvento sullo sviluppo composito delle azioni.

Parlare, almeno in linea teorica, delle doppie finte può sembrare obsoleto ed arcaico: i movimenti di cesello che ricamano nello spazio lunghe linee spezzate miste possono sembrare ai giovani schermitori inutili orpelli tecnici.

Tuttavia, a onore dello spirito scientifico con cui sto cercando di trattare la materia e soprattutto ad onor del bello, preannunzio che in calce a questo mio lavoro produrrò graficamente tutta la serie completa delle azioni composte.

 

 

 

Il controtempo
Se ad un attacco viene contrapposta non una difesa col ferro bensì un’uscita in tempo, la teoria schermistica per risolvere la contingenza  ha elaborato il concetto di controtempo.

In pratica si tratta di fintare non tanto un certo tipo di azione, bensì l’attacco nel suo complesso; ciò al fine specifico di scatenare quella reazione difensiva – offensiva sulla quale basare la propria definitiva e risolutiva determinazione d’attacco.

Nell’ottica della nostra indagine ci limitiamo a riprodurre lo schema delle singole fasi che compongono questo particolare tipo di stoccata, non senza sottolinearne la difficoltà realizzativa soprattutto in relazione alla sua esecuzione spazio – temporale: il felice esito di un controtempo è comunque affidato ad un continuum in progressione dinamica (anche a questo proposito suggerisco la lettura del mio lavoro Lo spazio ed il tempo nell’assalto di scherma).

 

Prima fase: inizio della falsa determinazione d’attacco

 

Seconda fase: attesa della reazione dell’avversario

 

Terza fase: costruzione dell’idonea contraria

 

Quarta fase: raggiungimento del bersaglio dell’antagonista

 

Quindi:

controtempo

 

 

 

 

 

Finta in tempo
E’ ipotizzabile che, volendo applicare un’uscita in tempo, lo schermitore intuisca che l’avversario, essendo appunto a conoscenza di tale sua intenzione, cogiti di applicare a suo danno un controtempo.

In parole povere, si pensa che l’avversario finga il suo attacco solo per attirarci fuori della nostra guardia in una trappola in campo aperto al fine di ribaltare a suo vantaggio la situazione spaziale.

A questo proposito ci soccorre un noto principio della teoria schermistica: tutto può essere fintato, quindi anche un’uscita in tempo.

Il meccanismo, ovviamente sempre più complesso e vincolato dalla successione di precisi eventi spazio – temporali, si divide in più fasi.

Anche in questo caso ci limitiamo a fornirne il relativo schema:

 

Prima fase: attesa del finto attacco da parte dell’avversario

Seconda fase: esecuzione della finta dell’uscita in tempo

Terza fase: attesa dell’applicazione del controtempo

Quarta fase: elusione del controtempo

Quinta fase: raggiungimento del bersaglio dell’antagonista

 

Quindi:

fintaintempo

 

 

 

Le azioni ausiliarie
Una distinzione convenzionale operata in sede di trattato relega alcune tipologie di azioni in una categoria denominata azioni ausiliarie.

Alcune di esse basano la loro ragion d’essere su erronei atteggiamenti tenuti dall’avversario, altre posseggono invece una loro propria dignità tecnica.

Passiamo in rassegna quelle che tra loro offrono spunti di riflessione per i fini della nostra indagine.

 

Tirare di quarta bassa
In questo primo caso l’avversario, sbagliando, crea una distonia spaziale tra il proprio bersaglio interno basso e l’idoneo corrispondente sito sul quale effettuare il relativo invito, legamento o parata di quarta. In altre parole il pugno armato perde il suo naturale asse, spostandolo erroneamente ed eccessivamente verso il bersaglio alto.

In tal modo si viene a creare una vistosa discrasia difensiva spaziale, che di fatto spalanca la strada verso il fianco sottostante; in presenza di un’azione fintata all’interno, quest’ultimo bersaglio si viene a sostituire geometricamente al normale e consueto bersaglio infuori al petto.

Il colpo suddetto, denominato di quarta bassa, potrà indifferentemente essere portato sia in attacco, sia di risposta dopo aver effettuato una parata.

 

 

titarequartabassa

 

 

Battuta di quarta falsa
Il colpo è configurabile per una particolare postura spaziale assunta dal ferro avversario, cioè quando quest’ultimo è tenuto sulla linea bassa del fianco, quindi in una postura inclinata verso la pedana.

Esso consiste, partendo dall’arma in linea di guardia, in una battuta eseguita in senso orizzontale, prontamente seguita dalla stoccata al bersaglio interno basso.

Si differenzia quindi dalla battuta di prima appunto per la tipologia dello spostamento spaziale, che non fa descrivere alla punta alcun movimento semicircolare.

 

battuta-di-quarta-bassa-particolarebattuta-di-prima-particolare

battuta di quarta falsa                                           battuta di prima

 

 
Sull’importanza di effettuare un legamento corretto sul ferro antagonista in modo da poter sfruttare i principi fisici della leva ci siamo già abbondantemente trattenuti nelle precedenti pagine.

Ebbene immaginiamoci di essere oggetto da parte del nostro avversario appunto di un suo legamento, ma imperfetto, cioè realizzato in modo tale da non innestare a suo pro i surricordati vantaggi: è questo il caso della possibile realizzazione del filo sottomesso.

Il colpo consiste nel ribaltare fisicamente il legamento debole: in pratica si forza detto legamento, si riconquista completamente la linea opposta a quella originaria, si guadagnano questa volta in modo idoneo i gradi del ferro antagonista, si vibra finalmente il colpo sul bersaglio che risulta scoperto senza mai abbandonare la lama avversaria.

 

legamento-erratolegamento-ok

arma a sinistra legamento errato                    arma a sinistra  legamento corretto

 

 

 

Sforzo e colpo dritto
Quando due ferri sono già in contatto sufficientemente permanente e possibile provocare un’ulteriore divergenza spaziale verso la stessa direzione del contatto.

Mantenendo il legamento, si alza leggermente la propria punta e con una flessione rapida del polso si fa scorrere con decisione la propria lama su quella dell’avversario, percorrendone i gradi a partire da quelli deboli.

Per effetto del principio fisico di divergenza, il ferro viene veementemente sospinto dalla parte opposta a quella dell’applicazione della forza, moltiplicando notevolmente l’energia applicata nel gesto.

Ovviamente si tira in tutta fretta il colpo sul bersaglio sul quale ci si è procurati il passaggio nella difesa antagonista.

Il disarmo
Non ci dobbiamo far rapire dalla fantasia e ricordarci subito che per Regolamento il presidente di giuria deve subito interrompere l’assalto se uno dei due contendenti non può validamente difendersi.

Quindi disarmo non significa letteralmente far saltare l’arma dalla mano dell’avversario, ma solo intervenire su di essa in senso energico per farne perdere il migliore controllo ed impedire di conseguenza all’antagonista la miglior difesa.

Ovviamente ci si affida esclusivamente alla Fisica e non alla forza bruta: la dinamica, ricalcando quella dello sforzo, s’impernia sulla viva pressione esercitata scivolando dai gradi più deboli a quelli più forti della lama dell’avversario.

Le tipologie sono due: il disarmo verticale e quello spirale.

Il primo, denominato in precedenza anche battuta atterrando, si esegue dal proprio legamento di terza, prima innalzando leggermente la lama per poi farla scivolare veementemente su quella antagonista verso la pedana.

Il secondo, noto anche come guadagno, si basa invece sulla spirale in avanti esercitata anch’essa con veemenza sulla lama nemica: dal proprio legamento di quarta verso l’esterno della propria guardia (disarmo spirale a destra), dal proprio legamento di terza verso l’interno (disarmo spirale a sinistra).

Il colpo si perfeziona portando velocemente la stoccata sul bersaglio lasciato incustodito.

 

 

La ripigliata
E’ una seconda azione di offesa (in effetti il colpo è anche denominato ripresa d’attacco) che ha inizio dall’affondo, immediatamente dopo l’esito negativo della prima stoccata e reso possibile dalla mancata reazione difensiva dell’avversario.

Geometricamente si può venire a sviluppare in due diverse situazioni e dimensioni spaziali.

Se l’avversario para (e non risponde) stando sul posto, si vibra dall’affondo stesso un nuovo colpo indirizzandolo sul bersaglio lasciato scoperto per effetto della parata.

Se invece l’avversario alla parata unisce un arretramento, si ritorna in guardia con il piede sinistro e si da inizio ad una nuova azione anche di natura diversa dalla prima.

 

ripigliata-bis

 

 

 

Esame di alcune particolari situazioni geometrico – posturali
Numerosissime sono le reciproche posizioni spaziali in cui i due contendenti possono venire a trovarsi durante lo svolgimento dell’incontro.

Esse dipendono da una variegata serie di fattori: innanzitutto da quelli attinenti alla corporatura (ad esempio una diversa statura), da quelli di ordine tecnico (ad esempio l’uso di un determinato tipo d’impugnatura), da quelli di ordine fisico (ad esempio un certo tipo di rapporto esistente in un determinato istante tra i gradi delle due lame), da quelli di ordine spaziale (ad esempio l’entità della misura), da quelli di ordine geometrico (ad esempio la traiettoria dei colpi prescelti), da quelli contingenti (ad esempio il rapporto tra le complessive posture corporali).

Qui di seguito affrontiamo, tra le tante, l’analisi di alcune situazioni geometrico – posturali che ci sembrano interessanti ai fini della nostra indagine.

 

 

L’affondo prodotto da uno dei due contendenti
Riuscire a dominare da una posizione più elevata il proprio avversario è una costante dell’arte bellica in genere..

Nell’assalto di scherma sicuramente non si tratta di scagliare pietre od olio bollente dagli spalti di un castello, ma anche in questo caso il rapporto sopra – sotto produce sotto un’ottica squisitamente geometrica alcune situazioni di notevole vantaggio – svantaggio.

Dell’affondo, naturalmente, non si può fare a meno se si vuole sferrare un attacco, ma conoscendone le controindicazioni forse ogni schermitore potrebbe farne un uso più oculato e parsimonioso (a questo proposito consiglio la lettura del mio lavoro “L’errore, le controindicazioni e le opportunità nell’applicazione della tecnica schermistica”).

L’attacco gode di alcuni vantaggi: quello della sorpresa, quello del mantenere sino all’espletamento del colpo finale il dubbio su quale bersaglio esso approderà, in alcuni casi quello della priorità nella ricostruzione convenzionale dell’azione e, buon ultimo, quello della difficoltà della capacità di difendersi (soprattutto in specialità come la sciabola).

Gli svantaggi che derivano dall’effettuazione dell’affondo (vieppiù nel caso della frecciata) si vengono a determinare per motivi di ordine morfologico e geometrico.

Nel primo caso l’intera muscolatura del corpo raccolta, contratta e rannicchiata nella postura di guardia, appunto per produrre l’estremo e decisivo pronunciamento in avanti, si apre, si tende e sprigiona tutta l’energia a disposizione.

La postura finale è caratterizzata dal completo allungamento del corpo (di qui l’altra denominazione di allungo), che, in caso di esito negativo dell’attacco, fa sorgere il problema di essere riportato al più presto nella più tutelata posizione di guardia.

In effetti lo schermitore che ha prodotto l’allungo, abbassando notevolmente la sua linea di guardia, si trova in una posizione prona davanti al suo avversario, pressoché scarico di energia muscolare ed in una posizione che limita notevolmente la piena disponibilità del movimento del braccio armato.

Per contro l’antagonista, restato nella comoda postura di guardia, mantiene del tutto intatta la sua potenzialità sia in ordine allo spostamento sulla pedana, sia in ordine all’esecuzione dell’intero ventaglio di opzioni tecniche a sua disposizione.

 

unoinaffondo

 

Questa situazione geometrico – posturale assume particolare importanza nella specialità della spada, dove l’assenza della Convenzione schermistica e il vantaggio di poter tirare il colpo anche sui bersagli avanzati rende possibili appetibili configurazioni tecniche.

In effetti lo spadista deve solo battere sul tempo l’impatto del colpo dell’avversario e indirizzando la stoccata progressivamente al polso, all’avambraccio ed infine al braccio può guadagnare enormemente in spazialità, che viene tradotta in termini di anticipo temporale.

Tirando poi il colpo in condizioni posturali ottimali, quelle della guardia, dovrebbe anche essere in grado di poter contare su una sufficiente precisione di punta, decisiva in relazione all’esiguità della superficie dei bersagli avanzati.

Per tutti questi motivi tecnici lo spadista, tra gli specialisti della scherma, è quello che è meno propenso ad attaccare; anche la tattica, basata sulla gestione del vantaggio e sull’effettuazione del colpo doppio, tende a limitare le sue iniziative in avanti.

Un’altra considerazione da fare sull’attacco è quella riguardante la grande alea di risposta a cui va incontro: in effetti le reazioni difensive dell’avversario possono spaziare dalla semplice difesa di misura, all’utilizzo del ferro con la parata, al ricorso ad un’uscita in tempo.

Quindi, limitandoci alla sola spazialità, un attacco, volta per volta, può vedere il proprio avversario arretrare, stare fermo sul posto o addirittura venirgli incontro.

 

 

Riunita
E’ un colpo d’arresto, utilizzato soprattutto nella specialità della spada, impostato su una duplice geometria: una offensiva, realizzata protendendo la spalla ed il braccio armato in avanti alla ricerca della massima estensione per anticipare spazialmente il colpo, ed una difensiva, basata sul sottrarre il proprio bersaglio all’avversario, raccogliendosi all’indietro a piedi uniti.

 

riunita

 

Mentre nell’arresto con contrazione, come abbiamo già visto nelle pagine precedenti, la tutela è ottenuta tramite l’angolo al polso creato in corrispondenza della lama avversaria che viene fatta divergere all’esterno del bersaglio, in questo caso la tutela è ricercata tramite la sottrazione del corpo alla gittata del colpo antagonista.

Tra l’altro la posizione più elevata, ottenuta raddrizzando le gambe che erano piegate nella postura di guardia, permette di dominare dall’alto l’avversario, facilitando specificatamente l’angolazione sopra indirizzata al suo avambraccio.

 

 

Angolazione
Nella specialità della spada è un’azione offensiva a ferro libero che sfrutta sul finale della distensione del braccio armato l’angolo formato dall’avambraccio e dalla lama, ottenuto con un’adeguata inclinazione dell’articolazione del polso.

Quello stesso meccanismo che abbiamo visto essere alla base dell’opposizione di pugno in questo caso non è utilizzato in corrispondenza del ferro avversario, bensì nel vuoto per ottenere una linea di penetrazione diversa da quella lineare.

Tanto per intenderci, su una guardia coperta dell’avversario ogni colpo in linea retta, risultando parallelo all’avambraccio antagonista nascosto dietro la coccia, risulta tangente al bersaglio avanzato e quindi non ha nessuna probabilità d’impatto.

Diversamente, producendo un’opportuna angolazione (interna, esterna, sopra, sotto o comunque intermedia) si creano le premesse geometriche per poter offendere il polso o l’avambraccio nemico, violando una sua copertura di partenza.

 

spada-angolazione-sotto-bisspada-angolazione-sopra

angolazione sotto                                                 angolazione sopra

 

Quindi, se nella scherma il colpo dritto è in linea teorica la contraria all’invito o alla scopertura dell’avversario, nella spada l’angolazione risulta specificatamente la contraria alla sua copertura di guardia.

 

 

Arresto di angolazione arretrando
Sempre nella specialità della spada si configura una particolare situazione geometrica, per cui è possibile colpire l’avambraccio dell’avversario che sta effettuando un attacco a ferro libero.

Ricordiamo che, nel caso in cui i due schermitori rispettino la linea direttrice, i loro bracci armati giacciono su di essa; se poi la guardia è quella canonica di terza con il pugno nella relativa postura,  la punta dell’arma non minaccia il tronco dell’avversario che gli sta davanti, bensì è già indirizzata sul bersaglio avanzato interno, per effetto appunto dell’angolo al polso artatamente creato.
angolazionearretrando

 

Qualora l’avversario produca un attacco a ferro libero, con quasi certezza si sposterà sulla linea direttrice, linea sulla quale peraltro giace la proiezione della lama tenuta dall’attaccato, come sopra ricordato, in guardia di terza.

Per impattare con anticipo il suo polso o il suo avambraccio sarà sufficiente allungare completamente il braccio armato, mantenendo la stessa angolazione e producendo, se di caso, un passo indietro per compensare l’eventuale avanzamento dell’antagonista.

Tra l’altro in tal modo il colpo non risulterà portato, ma, lasciando la punta al varco, sarà la stessa dinamica dell’attaccante a produrre la stoccata, aumentandone la probabilità di successo per la maggiore precisione derivante appunto dalla semplicità della meccanica del colpo.

 

 

Combattimento ravvicinato
L’eterno problema dello schermitore di riuscire a raggiungere il bersaglio avversario assume una particolare configurazione nel caso del cosiddetto combattimento ravvicinato.

Di solito la questione della misura consiste nel riuscire a coprire felicemente la distanza che ci divide dall’avversario indenni dalla sua reazione difensiva; invece nel caso del corpo a corpo il problema spaziale è di natura diametralmente opposta: la lunghezza del nostro braccio armato è superiore al segmento che ci separa da lui, impedendoci di conseguenza di riuscire a colpirlo per mancanza di spazio utile.

Il problema di conseguenza è quello di riuscire a ridurre l’estensione dell’arto sino a rendere geometricamente possibile il colpo: si approfitta quindi in modo singolo o congiunto delle articolazioni del polso, del gomito e della spalla per accorciare il braccio armato.

Ulteriori sussidi a disposizione dello schermitore possono essere l’inclinazione della spalla armata verso il basso, il suo allontanamento all’indietro facendo perno sul piede dietro (questo solo nella specialità della spada) o la circonduzione del braccio armato attorno alla propria testa.

Se si riesce nei suddetti modi a trovare una possibile geometria si può o tirare un colpo di rimessa sullo stesso bersaglio oppure un secondo colpo sul bersaglio opposto a quello originario.

Comunque lo schermitore non deve mai indietreggiare da un corpo a corpo: in effetti sarebbe impegnato in una duplice attività, appunto quella dello spostamento all’indietro e quella contemporanea di cercare di tirare il colpo, a differenza dell’avversario che potrebbe impegnarsi solo in quest’ultima.

 

 

Confronto tra schermitori di mano diversa
Statisticamente, anche se molto meno rispetto ad alcuni anni fa (quando ancora si contrastava la cosiddetta mano del diavolo), sulla pedana sono più frequenti gli assalti tra schermitori destrimani; seguono quelli tra un destro ed un mancino e, buoni ultimi, quelli tra mancini.

E’ innegabile che sussista una specie di idiosincrasia nei confronti del mancino, idiosincrasia che talvolta sfocia in una sudditanza psicologica, un vero e proprio complesso.

La consuetudine, come ben sappiamo, è una buona maestra, per cui si trova a mal partito colui che si trova a subire una qualche novità: in effetti il mancino tira più soventemente con il destro, che viceversa (la rivincita comunque il destro se la riprende quando assiste ad un incontro tra due mancini!).

Ciò che segue, ovviamente, non è la panacea per tutti i destri, ma indubbiamente può aiutare a comprendere la situazione geometrica che si viene a creare in questa tipologia di scontro.

Quando scendono in pedana due schermitori di mano uguale si realizza una configurazione di corrispondenza, ovvero le singole parti corporee e le loro coordinate spaziali sono ribaltate rispetto al reciproco punto di osservazione.

In altre parole la linea direttrice, sulla quale giacciono i piedi assieme al tronco e alle braccia di entrambi, separa e distribuisce in due aree distinte e contrapposte i bersagli e le attività tecniche con l’arma.

Ad esempio: il bersaglio interno di uno si trova dall’altra parte del bersaglio interno dell’altro, come la direzione della parata di terza di uno risulta opposta a quella dell’altro.

Il rapporto tra le superfici corporee e le relative traiettorie tecniche è ribaltato rispetto alla linea di mezzeria geometrica rappresentata dalla surricordata linea direttrice.

 

manodiversa

 

 

Diversa è la situazione geometrica quando a confrontarsi sono due schermitori di mano diversa: in questo caso si realizza una configurazione geometrica di simmetria.

La linea direttrice non separa più una zona interna in contrapposizione ad una esterna o viceversa, ma divide bersagli e spazio tecnico in due identiche dimensioni per i due contendenti, interno ed esterno.

 

manodiversa2

 

 

L’usuale dimestichezza del destro a trovare il bersaglio interno in una certa posizione viene frustrata dalla specularità che caratterizza le posture spaziali configurate con il mancino; quest’ultimo invece, rispetto alla geometria delle superfici corporee e delle traiettorie della lama, si trova a tirare in una condizione per lui più standardizzata.

In effetti da ciò deriva la sua esperienza e predilezione del colpo al fianco, linea che peraltro astutamente tutela spostandosi alla sua sinistra proprio sulla linea di confine laterale della pedana.

In buona sostanza, tirando con il mancino, avviene, a parità di azione, un ribaltamento dei bersagli.

Facciamo l’esempio di una battuta di quarta e colpo eseguita da un destro su un destro: la lama si sposta verso sinistra per la percussione e poi porta la stoccata sul corrispondente bersaglio scoperto, quello interno.

La stessa azione effettuata sul mancino: la lama si sposta inizialmente sempre verso sinistra, ma il bersaglio scoperto in questo caso risulta quello esterno, appunto per la diversa posizione del corpo tenuta dal mancino.

Di rilievo è soprattutto la diversa inclinazione della maggior superficie corporea del tronco: l’angolo d’impatto non è più favorito da un’angolazione del polso armato all’infuori, bensì all’interno.

In ultima analisi ciò che domina il rapporto geometrico con il mancino è il principio di simmetria: i suoi spostamenti in una direzione sono uguali a quelli dell’avversario destrimane che gli si trova davanti ed i suoi bersagli giacciono nelle stesse posture spaziali di quelli dell’antagonista.

A questo proposito mi sovviene un consiglio di un mio vecchio maestro, consiglio che subito vi giro: “Se con un mancino non sai cosa fare, osservalo e fai a lui ciò che lui fa a te”.

 

 

Conclusioni
 

Siamo così giunti alla fine di questo breve excursus sull’aspetto geometrico e di applicazione delle leggi fisiche da parte della teoria schermistica.

Lo scopo, già dichiarato nell’introduzione di questo lavoro, è quello di rendere lo schermitore sempre più consapevole degli strumenti e delle tecniche che applica sulla pedana durante lo scontro con l’avversario.

Quindi un lavoro spero utile non tanto a dare nuovi input formativi di base, bensì, cosa forse più pretenziosa, per invitare lo schermitore a fermarsi, a riflettere, a sperimentare di persona e a cercare di ottimizzare la sua prestazione.

Ogni tiratore, a prescindere dalla sua levatura agonistica, dovrebbe sentire mano a mano col tempo l’esigenza di approfondire, sviscerare e centellinare la scienza schermistica: una sempre più approfondita conoscenza di un mondo così variegato, multiforme, pregnante e affascinante ne garantisce con molta probabilità la fedeltà assoluta (probabilmente a vita!).

Prestazione intellettuale e prestazione fisica indissolubilmente coniugate in un unicum personalissimo, che contraddistingue ciascun tiratore da ciascun altro: la mente che non solo vigila e premedita, ma anche che sorveglia il giusto ossequio del corpo alle leggi della geometria e della Fisica, che, essendo oggetti, non ammettono alcuna interpretazione soggettiva senza incorrere in pericolose controindicazioni.

In effetti, ad esempio, l’equilibrio fisico consente una gestione ottimale del corpo e una traiettoria più breve si percorre, a parità di velocità, in tempi minori rispetto ad una traiettoria più lunga.

A questo proposito mi permetto d’indicarVi un’altra mia fatica letteraria, “L’errore, le controindicazioni e le opportunità nell’applicazione della tecnica schermistica”.

Posture difformi da quelle canoniche e percorsi della lama non in economia di spazio possono costituire errori d’impostazione acquisiti contro i quali è tuttavia possibile (anche se difficile) combattere.

D’altra parte chi ha anche una minima esperienza di pedana non può non convenire che nell’assalto può essere determinante anche l’attimo fuggente (il millesimo di secondo) o il micron ( il millesimo di millimetro).

Ma, mi permetto ribadirlo ancora una volta, è l’aspetto culturale che rappresenta l’asse centrale del tutto: solo la consapevolezza e la piena conoscenza di un qualcosa rendono, almeno in quel campo, l’uomo veramente libero.

Gli insegnamenti del maestro, ovviamente indispensabili e fondamentali all’inizio e pur importantissimi anche in seguito, non possono essere le uniche fonti dello scibile di pedana: l’atleta deve poi completarsi, nel senso di cercare dentro di sé e andare alla ricerca anche fuori di sé di tutto ciò che può influire sul suo essere e divenire schermitore sempre più completo; tutto ciò, esperienza di pedana, a parte.

Questo è lo spirito che mi ha spinto (e che spero continui ancora a spingermi nel futuro) a guardare la scherma da tutte le ottiche possibili.